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L'ASILE

Asylum

1972 GB
novembre 17, 1972

Le docteur Martin passe un entretien d'embauche dans un établissement psychiatrique. Le médecin-chef, le Dr Rutherford, lui propose de passer un test tout sauf classique. Si Martin parvient à identifier l'ancien directeur de l'établissement parmi quatre patients, il décrochera l'emploi. Il est donc contraint d'écouter leurs histoires plus horrifiantes les unes que les autres.

Réalisateurs

Roy Ward Baker

Distribution

Peter Cushing, Patrick Magee, Herbert Lom, Britt Ekland, Barry Morse, Charlotte Rampling, Barbara Parkins, Robert Powell, Sylvia Syms, Richard Todd
Horreur
HMDB

CRITIQUES (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Il Dott. Martin arriva all'ospedale di Dunsmore per essere assunto come nuovo psichiatra dopo che il Dott. Starr è impazzito ed è stato ricoverato come paziente all’interno della stessa struttura. Ad accogliere Martin c'è il Dott. Rutherford che lancia una sfida al nuovo arrivato: se riuscirà a identificare Starr tra i pazienti sarà assunto. Martin si reca allora nel reparto e ascolta le storie di quattro pazienti, uno dei quali è Starr. Bonnie racconta della tragica fine del suo amante Walter, che uccide la moglie Ruth e la fa a pezzi ma poi va in contro alla furia vendicativa delle parti anatomiche resuscitate della stessa. Il sarto Bruno racconta dell'abito cucito con la strana stoffa magica procuratagli dal signor Smith per confezionare un vestito per il figlio morto. La problematica Barbara testimonia la morte del fratello ad opera della sua amica immaginaria Lucy. Il Dott. Byron è convinto di poter trasferire le anime delle persone in alcuni burattini da lui stesso costruiti. “La morte dietro il cancello”, conosciuto anche con il meno suggestivo ma più pertinente titolo originale “Asylum”, è il classico prodotto Amicus del periodo più ispirato della celebre casa di produzione inglese. Ideale concorrente della Hammer, la Amicus si era specializzata in film horror a episodi che avessero nel cast i celebri nomi del cinema dell’orrore lanciati proprio dalla casa avversaria, Peter Cushing e Christopher Lee in primis. Il successo della Amicus fu inaugurato dal bellissimo e seminale “La cinque chiavi del terrore”, a cui seguirono diversi altri horror a episodi come “Il giardino delle torture”, “La casa che grondava sangue”, “Racconti dalla tomba” , “La bottega che vendeva la morte”, “Il club dei mostri” e “La morte dietro il cancello”, appunto. C’è da dire che la qualità delle produzioni Amicus era medio/alta con la sola aggravante della ripetitività della formula che tendeva a far somigliare (e confondere tra loro) i vari film. “La morte dietro il cancello” è uno degli esempi di livello qualitativo più alto del modus operandi/narrandi della celebre casa britannica, dal momento che presenta una storia di base (la cornice) che si amalgama in modo pressoché perfetto con i vari episodi, entrando a far parte direttamente del corpus episodico. Uno dei problemi di questi film, infatti, era spesso il mostrarsi come semplici raccolte di cortometraggi con pretesti narrativi da collage poco efficaci, con la conseguenza che si tendeva a ricordare il singolo episodio riuscito e non il film nel complesso. Con “La morte dietro il cancello”, invece, sono riusciti a costruire un film compatto che è allo stesso tempo episodico ma anche fruibile come opera unica. Le quattro storie sono cucite tra loro coerentemente e l’ultima, tra l’altro, riesce addirittura a presentarsi come tutt’uno con la storia di cornice. Ovviamente, come tutti i film a episodi, il valore è fatto anche dalle singole parti e “La morte dietro il cancello” presenta alti e bassi. I primi due episodi sono assolutamente i migliori. Il primo, che ci presenta Richard Todd (“Il giorno più lungo”) e Barbara Parkins (“La macchia della morte”) alle prese con un cadavere fatto a pezzi e magicamente resuscitato, è forse il più celebre e sicuramente il più genuinamente spaventoso. Vedere i pezzi anatomici impacchettati e vivi che danno la caccia ai due amanti nello scantinato di casa è allo stesso tempo divertente e inquietante, in piena sintonia con i tempi e i ritmi di un racconto di paura veloce. La seconda storia è più complessa ed elaborata, comprende un bel colpo di scena e punta molto sulla caratterizzazione dei due personaggi principali, i bravissimi Barry Morse (il sarto) e Peter Cushing (il committente), entrambi sofferenti per diversi motivi e assolutamente in parte. Il terzo episodio, con una bellissima Charlotte Rampling (“Il portiere di notte”) è più convenzionale e prevedibile, pur risultando gradevole e ben costruito. È il quarto episodio, quello che si collega con la cornice, a lasciare maggiormente delusi poiché è un nulla di fatto se preso a se e poco pertinente con la storia più generale. Il tema è quello delle bambole assassine, quelle che saranno rese famose dalla Full Moon con la serie di “Puppet Master”, però manca tensione e un’idea di base realmente accattivante. Fortunatamente, però, il film trova un finale con colpo di scena assolutamente riuscito che chiude un’opera che sembrava cominciare a zoppicare proprio all’ultimo. Regia e sceneggiatura di due nomi celebri che in genere sono sinonimo di qualità: Roy Ward Baker (“Vampiri Amanti”, “Barbara, il mostro di Londra”) a dirigere e Robert “Psycho” Bloch allo script. Decisamente consigliato.

Bande-annonce