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Roberto Giacomelli
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In seguito agli ultimi mortali attacchi ai danni degli abitanti di Lake Placid, i coccodrilli che infestano la zona sono stati inseriti dal governo in una zona delimitata da una recinzione elettrica, vista l’impossibilità di essere eliminati dal momento che sono esemplari rarissimi e dunque protetti. Durante la gita scolastica, il pulmino su cui viaggia Chloe entra per errore nell’area protetta infestata dai coccodrilli e per la scolaresca comincia un vero e proprio incubo. La ragazzina riesce a entrare in contatto con la madre, lo sceriffo della contea, che mette subito su una squadra di recupero a cui partecipano l’ex cacciatrice Reba – che si è già scontrata con i coccodrilli di Lake Placid – e l’ingegnere Loflin, che ha progettato il recinto. Ma nel frattempo anche un gruppo di bracconieri capitanati da Jim Bickerman si è intrufolato nel perimetro dei coccodrilli.
La saga dei coccodrilloni assassini del Maine è arrivato incredibilmente al quarto capitolo e da ben tre capitoli è un’esclusiva dell’home video, con tutte le conseguenze che questo può comportare. Il primo film, diretto da Steve Miner nel 1999 non era affatto male, un simpatico b-movie acquatico pieno di ironia e con un cast azzeccato, il sequel del 2007 era di una bassezza qualitativa da far spavento e il terzo capitolo, datato 2010, era una robetta di
scarso livello che però aveva il pregio di divertire per le sue trovate exploitative. Con “Lake Placid 4 – Capitolo finale” si fa un passo indietro, vengono trascurati gli eccessi e l’ironia del terzo film e si torna a raccontare una storia paradossalmente seria che somiglia a quella di “Lake Placid 2” sia per il tono che per i risvolti della storia. Anche qui uno sceriffo che deve salvare la prole in pericolo e stesso discorso per un cacciatore (cacciatrice, in questo caso) che viene contattata come esperta per gestire il problema dei coccodrilli. Ma sorpresa, la cacciatrice è Reba, la stessa che veniva data per morta alla fine del capitolo precedente, interpretata sempre da Yancy Butler, e infatti il prologo di “Lake Placid 4” va a collegarsi direttamente alla fine del precedente film, mostrandoci come Reba è sopravvissuta al massacro nella fattoria dei Birckman.
Un pregio di questa saga, infatti, è il filo conduttore che lega tutti i film dal primo all’ultimo, rappresentato oltre dal luogo
d’ambientazione anche dalla famiglia dei Birckman e quello che hanno causato con l’allevamento di coccodrilli. In questo quarto capitolo troviamo un cugino interessato all’eredità delle sorelle Birckman, per esempio, che inevitabilmente si trova a scontrarsi con l’altra eredità, quella rappresentata dai rettiloni che infestano la zona. Un trait d’union che personalmente trovo aggiunga un minimo di valore a film che altrimenti hanno davvero poco o nulla di interessante.
Perché se da una parte ci sono ancora oggi produzioni di un certo valore che portano in scena coccodrilli assassini (qualche esempio relativamente recente sono “Paura primordiale”, “Rogue”, “Black Water”), dall’altra il mercato è saturo di produzioni low budget fatte alla catena di montaggio che se risultano brutte – come nel caso di questo “Lake Placid 4” – vuol dire che ci è andata di lusso! Le produzioni demenziali della Asylum, per esempio, hanno totalmente fatto sprofondare nel fango qualunque parvenza di credibilità legata ai film con i coccodrilli giganti, così come con altri animali assassini. Un vero tritacarne per questo filone!
“Lake Placid 4”, dunque, è il classico prodotto da home video in cui di certo non si può chiedere
qualità. C’è intrattenimento, questo si, con un ritmo piuttosto alto e una marea di uccisioni che sfociano anche nello splatter, un bodycount alto che poi è l’anima del film. Attori così così che interpretano personaggi abbastanza banali, visti e stravisti in questo tipo di film, come la sceriffa giovane e bella (Elizabeth Rohm) che flirta con il belloccio che viene da fuori città (Paul Nicholls), la ragazzina virginale e ingamba (Poppy Lee Friar) circondata da coetanei sprovveduti che dovranno fare da carne da macello e i soliti cacciatori/bracconieri che non hanno un briciolo di caratterizzazione. Tra questi possiamo trovare anche Robert Englund, carismatico come al solito, ma purtroppo imprigionato ormai in piccoli ruoli in queste produzioni low budget horror… un grande attore che avrebbe meritato sicuramente altra sorte.
Gli effetti digitali con cui sono realizzate le bestie assassine sono di livello piuttosto basso, anche se nettamente migliori di quelli visti nei due capitoli precedenti e nella stramaggioranza di film direct-to-video sullo stesso tema.
Il sottotitolo dice “Capitolo finale”, ma non credeteci, l’epilogo urla un quinto film.