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Roberto Giacomelli
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Il Reverendo Cotton Marcus appartiene a una famiglia di ministri di culto da ben quattro generazioni. Educato al mestiere fin da quando aveva quattro anni, Cotton ha praticato 47 esorcismi pur non credendo minimamente che i suoi “pazienti” fossero davvero indemoniati. Ora il Reverendo è intenzionato a ritirarsi da tale attività e per farlo decide di praticare un ultimo esorcismo davanti alle telecamere, così da rivelare i suoi trucchi e denunciare così i pericoli che si celano dietro i falsi casi di possessione demoniaca. Per il suo ultimo esorcismo Cotton si reca a Ivanwood, in Louisiana, dove la sedicenne Nell sembra essere posseduta dal demonio.
Il mockumentary nasce come linguaggio espressivo, un originale espediente per rendere realistiche attraverso la simulazione del documentario storie che solitamente non lo sono. “Cannibal Holocaust” lancia le basi senza avere un reale seguito, “Il cameraman e l’assassino” utilizza questa forma espressiva come sperimentazione e “The Blair Witch Project” ne lancia la moda donando il mockumentary al successo e alla commercialità. Oggi il mockumentary più che un linguaggio sembra essere diventato un genere a se, anzi un filone, visto che viene praticato con grande frequenza all’interno del genere horror. Il mockumentary conviene: i costi produttivi sono molto bassi e il rientro è assicurato, trasformandosi spesso in fenomeno (vedi “The Blair Witch Project” e “Paranormal Activity”). Però il troppo storpia e quando c’è
sovraffollamento di offerta la domanda non sempre risponde in modo positivo. Nel caso di “L’ultimo esorcismo” però non è una questione di successo al botteghino, dal momento che il film ha comunque incassato bene, ma di favore del pubblico che sembra essersi seccato dell’ex novità mockumentary rispondendo con sdegno all’ultimo esponente del filone.
Forse è colpa della campagna promozionale decisamente ingannevole che promette una versione contemporanea de “L’esorcista” quando poi il film di Daniel Stamm (“A Necessary Death”) ha poco o niente a che spartire col film di Friedkin. “L’ultimo esorcismo” parla essenzialmente di bigottismo religioso e di superstizione e delle pericolose conseguenze a cui tutto ciò può portare, parla di realtà e non di fantastico/paranormale pur rimanendo fino all’ultimo ancorato a una doppia interpretazione dei fatti che dona al film un’affascinante ambiguità di lettura. Nell è davvero indemoniata? Oppure è vittima di un’educazione fondamentalista che ne ha minato la capacità di rapportarsi con la realtà? La sceneggiatura di Huck Botko e Andrew Gurland affronta questo tema e ci gioca abilmente portando
la vicenda dalle parti di “L’esorcismo di Emily Rose” o, ancor più, da quelle del suo epigono tedesco “Requiem”. Dimenticatevi dunque teste che girano di 360° e geiser di vomito verdastro, qui i letti che ballano e le urla ultraterrene sono solo i trucchi del mestiere del reverendo imbroglione. Però “L’ultimo esorcismo” non manca di momenti ad altissima tensione che sfruttano bene l’inquietudine che solo i mockumentary sono capaci di trasmettere. La prima notte che Cotton e la sua troupe passano da soli in casa con la presunta indemoniata ha alcune trovate da pelle d’oca assicurata e il bizzarro anti-climax finale riesce a lasciare positivamente colpiti.
Funzionano piuttosto bene anche tutti gli interpreti, da Patrick Fabian (“Partnerperfetto.com”) nel ruolo del reverendo Marcus, personaggio ben diverso dallo stereotipo dell’uomo religioso che ha perso la fede, ad Ashley Bell che ci offre un’indemoniata molto credibile. Bravo e intenso anche Louis Herthum, che interpreta il padre di Nell.
C’è una caratteristica che fa perdere punti a “L’ultimo esorcismo”, un’imperdonabile errore (non saprei altrimenti come chiamarlo!) che gli toglie credibilità come mockumentary: il film
presenta effetti e colonna sonora, un montaggio del tutto cinematografico (con tanto di esterni ponte!) e didascalie in sovraimpressione, il tutto assolutamente non giustificato e non giustificabile agli occhi di una storia che non può contenere tali “rifiniture”, pena la mancanza di credibilità del prodotto finale. Anche lo stile sporco e maldestro delle riprese, fatte di zoomate improvvise, sfocature e tremolii non appare credibile, visto che le riprese dovrebbero essere effettuate da un cameraman professionista e non da un amatore. Come a voler richiamare ad ogni costo la maldestria amatoriale di “The Blair Witch Project” anche lì dove non ce ne sarebbe bisogno.
“L’ultimo esorcismo” risulta dunque un prodotto valido e quasi originale nel filone in cui si inserisce, inteso sia come mockumentary che film esorcistico. Alcune accortezze in più per renderlo maggiormente credibile come mockumentary gli avrebbero però dato sicuramente uno spessore più consistente, ma il film risulta comunque godibile e a tratti inquietante.