Gene (Gregg Henry) est un concepteur de jeux vidéo maniaque, génie de l'électronique, à qui tout réussit. Au volant de son 4X4, tiré à quatre épingles, il traverse le désert californien poussiéreux et se rend chez Franck (Bill Moseley), un marginal qui élève des serpents dans un endroit reculé. Il vient prendre livraison d'un Mamba noir, un des serpents les plus venimeux du monde, dont le taux de sécrétion du venin a été manipulé par Franck pour être encore plus élevé. Gene se procure ce serpent pour se venger de Eva (Trudie Styler), sa maitresse, jeune femme naturelle et spontanée, qui a décidé de rompre. Maniaque et voulant tout régenter, Gene n'est pas homme à se laisser plaquer par une femme sans raison, ni à laisser des témoins compromettants derrière lui.
Gene è un uomo ricco ed esperto di elettronica con il problema di essere troppo orgoglioso di se da non sopportare il fatto di essere stato lasciato dalla moglie Eva.
Decide così di attuare una vendetta verso l’ex moglie: nasconde all’interno del loft di Eva un terribile mamba, blocca tutte le uscite della casa e grazie a una serie di microspie disseminate ovunque si gode lo spettacolo da fuori l’edificio aspettando la morte della moglie.
“Mamba” è un piccolo thriller italiano uscito verso la fine degli anni ottanta che ha l’obbiettivo di tenere in tensione lo spettatore dal primo fino all’ultimo minuto; obiettivo che in parte viene mancato.
Dietro la macchina da presa possiamo trovare Mario Orfini (poco conosciuto come regista ma ben più noto come produttore), che per questo film si occupa oltre che della regia, anche di scrivere il soggetto, di collaborare alla sceneggiatura e in fine di produrlo.
Il film si avvale di un idea di base niente male: interessante, claustrofobica e originale; ma purtroppo il tutto non viene portato avanti nel migliore dei modi, deludendo le buone aspettative che aveva creato il plot.
La regia ci appare piuttosto essenziale e fredda, ma il vero problema del film sta nella sceneggiatura scritta da Lidia Ravera e Orfini stesso. Infatti appare strapiena di buchi e di incongruenze (specialmente negli ultimi dieci minuti); la prima assurdità corrisponde alla prima domanda che sicuramente si porrà lo spettatore nel vedere questo film: ma possibile che in una casa così grande e ben attrezzata non ci sia nemmeno una finestra per poter scappare ? La risposta è no.
Il film, inoltre, presenta un ritmo molto incalzante, ma, a causa della scarsità di idee di fondo, ben presto va incontro alla monotonia rischiando, malgrado la brevissima durata, di annoiare lo spettatore.
Il cardine su cui verte l’intera opera è rappresentato dal cast (formato da soli cinque attori) ma soprattutto sulla discreta performance recitativa di Trudie Styler (famosa per essere la moglie di Sting) nei panni della protagonista Eva che ricopre un ruolo fondamentale poiché per un ora e un quarto di film bisognerà seguire i suoi movimenti nella casa per sfuggire al pericoloso serpente. Nel cast inoltre emerge la figura di Gregg Henry (“Omicidio a luci rosse”, “Ballistic”) nei panni del cattivo Gene, che come sempre ci regala un’espressività facciale come quella di un pupazzo e un grande Bill Moseley, famoso per aver dato vita a Testa di Latta, fratello di Faccia di Cuoio in “Non aprite quella porta 2” e per aver recentemente interpretato il ruolo di Otis, squinternato membro della pazza famiglia in “La casa dei 1000 corpi” e “La casa del diavolo”, ma che purtroppo in “Mamba” esce di scena dopo solo cinque minuti.
In definitiva “Mamba” è un insolito thriller italiano, piuttosto originale ma che a causa di grossi problemi al livello di sceneggiatura perde gran parte del fascino che avrebbe potuto offrirci.
Se vi capita tra le mani vale la pena darci un occhiata, altrimenti inutile starlo a cercare.