Monster in the Closet backdrop
Monster in the Closet poster

MONSTER IN THE CLOSET

1986 US
May 15, 1986

After several people and a dog are found dead in their closets a "mild-mannered" reporter, a college professor, her son and a befuddled professor band together to uncover the mystery but not without involving the U.S. Army and mass panic.

Directors

Bob Dahlin

Cast

Donald Grant, Denise DuBarry, Henry Gibson, Paul Walker, Claude Akins, Howard Duff, Donald Moffat, Paul Dooley, John Carradine, Frank Ashmore
Horror Comedy
HMDB

REVIEWS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Chestnut Hills, non troppo distante da San Francisco. Qualcuno o qualcosa trascina le persone nei propri armadi e li uccide. Un reporter sfigato e un’insegnate universitaria con figlio super intelligente si mettono sulle tracce dell’assassino. Ma quando si scopre che l’autore dei delitti è un orrendo mostro capace di spostarsi attraverso gli armadi, entra in scena l’esercito. Sappiate che “Monster in the Closet”, da noi ribattezzato efficacemente “Non aprite quell’armadio”, è stato distribuito negli States dalla Troma, il che è significativo per farsi una prima idea sulla pellicola in questione. In realtà quando Bob Dahlin (qui alla sua prima e unica esperienza cinematografica) nel 1983 ha diretto il film, la Troma non fu minimamente coinvolta, ma “Non aprite quell’armadio” rimase inedito fino al 1987, quando fu “scoperto” dalla compagnia di Lloyd Kaufman e Michael Hertz e distribuito a livello internazionale. “Non aprite quell’armadio” in realtà non ha in se tutte la caratteristiche del cinema Troma, è un film estremamente educato e adatto anche ad un pubblico di bambini, ma la verve demenziale che sprigiona in ogni singola sequenza lo fa entrare comunque di diritto nella scuderia Kaufman/Hertz. Purtroppo, però, il film di Dahlin è solamente una grande occasione sprecata. La storia del Ba-bau che vive negli armadi e uccide grandi e bambini è estremamente vincente e perfino originale per ricavarne un bell’horror, peccato però che il regista e sceneggiatore abbia optato per la commedia con venature orrorifiche, buttando così nel gabinetto tutto ciò che di appetitoso aveva la sua storia. Duole dirlo ma il film in questione non fa neanche ridere! Per un’ora e mezza si assiste solamente a scenette sciocchine che sfruttano la consapevolezza della mancanza di mezzi per imbastire un teatrino ridicolo. L’intento principale di “Non aprite quell’armadio” non è quindi creare un horror sulle paure ataviche dell’infanzia, ma gettarsi a capofitto nella parodia del monster movie americano degli anni ’50, portando in scena un attore imprigionato in un costume gommoso da mostro che minaccia l’incolumità della nazione e l’esercito che tenta di risolvere la situazione. L’idea di per se non è troppo originale, ma almeno i personaggi sono sufficientemente caratterizzati per risultare credibili in una parodia. Abbiamo il reporter impacciato e alle prime armi che di cognome fa Clark e indossa occhialoni con montatura nera (non vi ricorda nessuno?), una professoressa pignola che cade in estasi non appena Clark si toglie gli occhiali, un ragazzino molto sveglio chiamato da tutti Professore e interpretato dal biondo Paul Walker (“Fast and Furious”; “Timeline”) alle prime armi, uno scienziato che somiglia ad Einstein e scopre che comunicare con il mostro non troppo dissimile da come comunicavano con gli alieni in “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, un prete che ha pietà del mostro perché è pur sempre una creatura di Dio e un colonnello dell’esercito pronto a far fuoco su qualunque cosa si muova. La varietà di personaggi è dunque funzionale e “vincente”, però non riesce mai a scattare quell’alchimia di elementi sufficiente a far ritenere questo film riuscito. Numerose le citazioni cinematografiche che vanno dal già citato “Incontri ravvicinati” a “King Kong” passando per “Psycho”. In una comparsata appaiono John Carradine, nei panni di un vecchio non vedente divorato dal mostro insieme al suo cane, e una piccola Stacy Ferguson (la Fergie dei Black Eyes Peas) nel ruolo di un’altra vittima. Per chi si accontenta di poco, anzi pochissimo, può anche risultare divertente.