Prey backdrop
Prey poster

PREY

2007 ZA
May 18, 2007

An American family on holiday in Africa becomes lost in a game reserve and stalked by vicious killer lions.

Directors

Darrell James Roodt

Cast

Bridget Moynahan, Peter Weller, Carly Schroeder, Jamie Bartlett, Conner Dowds, Marius Roberts, Mary-Ann Barlow, Muso Sefatsa, Jacob Makgoba, Ashley Taylor
Adventure Horror Thriller
HMDB

REVIEWS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Tom Newman lavora alla costruzione di una diga in Sud Africa e decide di portare con se i suoi due figli e la nuova moglie Amy, per poter trascorrere più tempo con loro e per facilitare la già difficoltosa convivenza tra la sua consorte e i figli avuti dalla prima moglie. Mentre Tom è al lavoro, Amy e i due ragazzi vanno a fare un safari nella savana. Costretti a fermarsi per urgenti questioni fisiologiche, la famigliola e la guida che li accompagna in jeep vengono improvvisamente attaccati da un branco di leonesse capitanate da un imponente leone. Il ragazzo che faceva da guida viene subito sbranato, mentre Amy e i due ragazzi si trovano a dover fronteggiare gli animali, la tensione e la mancanza di cibo e acqua. Una minacciosa frase apre il film: “Tratto da una storia vera”; la stessa frase che spadroneggia nella locandina, subito sotto l’imponente sguardo di un leone. Sarà abusata e spesso fuorviante la ritrovata tendenza di ostentare l’attinenza ad un fatto di cronaca di alcuni film di paura, probabilmente per attrarre la curiosità dello spettatore-voyeur e per creare in lui quel senso di terrore generato dall’assistere ad un episodio potenzialmente veritiero. Fatto sta che ormai è all’ordine del giorno il piglio realistico-documentaristico di cui si infarcisce il film di genere da lasciare spesso lo spettatore nella totale indifferenza. “Prey – La caccia è aperta” di indifferenza ne ha subita molta: l’indifferenza dello spettatore che non ha minimamente premiato questo horror e l’indifferenza della critica che se non ha prontamente stroncato l’ennesimo beast movie, si è semplicemente degnata di ignorarlo. Ma “Prey” non merita cotanta indifferenza. Il film diretto dal camaleontico Darrell Roodt (“Van Helsing – Dracula’s revenge”; “Yesterday”) si presenta come un efficace mix di almeno due generi distinti: il dramma familiare e il beast movie tanto caro all’horror. La matrice è fortemente drammatica, un doppio dramma che si consuma sia all’interno del nucleo familiare dei protagonisti, con tanto di banale scontro tra figlia adolescente e matrigna giovane e attraente; sia con ciò che si mostra al di fuori della famiglia con l’attacco delle belve selvatiche e l’ostilità dell’ambiente. Lo scontro familiare-generazionale rappresenta probabilmente l’elemento più infelice del film e, seppure è indispensabile per dare uno spessore psicologico a due personaggi chiave (figlia e matrigna), risulta un semplice orpello narrativo che ci è stato proposto e riproposto in centinaia di altri film, di qualunque genere. Decisamente interessante risulta invece la lotta per la sopravvivenza della famigliola assediata, sopravvivenza dai leoni ma anche dai disagi di una situazione anomala e border-line che costringe ad uno stress fisico ed emotivo i protagonisti, riuscendo a creare empatia verso gli spettatori. L’utilizzo dei leoni come elementi da eco-vegeance seppur non originale (si ricordi i buon “Spiriti nelle tenebre” di Stephen Hopkins) è una scelta poco sfruttata e dunque capace di creare una struttura e uno svolgimento dell’azione diverso dal solito. Seppur il film non si abbandoni ai cheap scares di tanta produzione di genere, non vengono comunque tralasciati momenti cruenti, con i pasti delle belve, e un paio di salti dalla poltrona generati dall’immancabile alternanza di piani sonori. Infine, degno di nota è l’utilizzo dello spazio condotto da Roodt che riesce a creare un diffuso senso di agorafobia dato dall’immensità dei caldi paesaggi da savana unito ad un’improvvisa sensazione di claustrofobia data dall’angusto abitacolo della macchina in cui sono prigionieri i protagonisti. Menzione particolare ad un cast di buon livello capeggiato dal redivivo Peter Weller (Robocop) e dalla bella e brava Bridget Moynahan (“Io, Robot”, “Lord of war”) che impreziosiscono un film che, seppur a volte stereotipato e spesso imperfetto, riesce comunque a coinvolgere e dare allo spettatore un ora e mezza di suspance e ritmo incalzante.