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Marco Castellini
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Siamo nel 2047, ai confini del sistema solare: la nave spaziale Event Horizon, misteriosamente scomparsa nel nulla da sette anni, è improvvisamente riapparsa inviando quello che è stato interpretato come un messaggio di aiuto. La navicella del capitano Miller (Laurence Fishburne), specializzata nel salvataggio spaziale, inizia la sua difficile missione di recupero, recandosi verso Nettuno con a bordo William Weir (Sam Neill), il creatore della Event Horizon e l'unico a conoscenza del suo segreto. La Event Horizon, infatti, non è un'astronave come le altre: si tratta della prima nave che, in missione top secret, ha infranto la barriera della velocità della luce entrando e poi riuscendo da un buco nero. Ma dove è finito l’equipaggio che faceva parte della missione? E quale terribile forza l’astronave ha portato con sé dal suo viaggio nell’ignoto? Il regista Paul Anderson, reduce da fiasco di Mortal Kombat, sorprende dirigendo un ottimo film sospeso a metà tra fantascienza ed horror puro. Il soggetto e l’ambientazione sono prettamente fantascientifiche ma ben presto si mescolano con elementi puramente orrorifici: nella Event Horizon si materializzano le paure dell'animo umano, con angoscianti allucinazioni che fanno scivolare il film nell’horror puro, nel gore, nel soprannaturale. Fiumi di sangue - che riecheggiano il celeberrimo “Shining” - spettri, violenze (lo stesso motore, irto di antenne che sembrano aculei e lame mortali trasuda malvagità), e un Sam Neill che non sfigurerebbe nella saga di “Hellraiser”. Tutto questo, ma anche qualche difetto (passaggi confusi, un paio di sequenze eccessive) per un film che qualcuno è arrivato a definire “l’equivalente fantascientifico de La Casa di Sam Raimi”. Un piccolo cult consigliato a tutti gli amanti dei fanta-horror.