Summer's Blood backdrop
Summer's Blood poster

SUMMER'S BLOOD

2009 CA
November 2, 2009

A demented handyman comes to the rescue of a young woman, then imprisons her in his basement.

Directors

Lee Demarbre

Cast

Ashley Greene, Peter Mooney, Barbara Niven, Stephen McHattie, Peter Michael Dillon, Cinthia Burke, Paul Whitney, Sean Tucker, Teri Loretto, Dani Kind
Horror Thriller
HMDB

REVIEWS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Summer è fuggita di casa per rintracciare suo padre, un uomo che non ha mai conosciuto e che fino a quel momento aveva ritenuto morto. L’unico indizio che può condurre la ragazza dal genitore è una fotografia con il timbro postale di un paese. Giunta sul luogo, Summer conosce Tom, che la tira fuori dai guai e la ospita a casa sua. Ma il ragazzo nasconde un segreto, segrega le ragazze in cantina dove le coltiva come piante. “Summer’s Moon”, conosciuto anche come “Summer’s Blood”, deve la sua presenza sul mercato italico esclusivamente alla protagonista Ashley Greene. La Greene è una giovane attrice che ha in curriculum il ruolo della vampira Alice Cullen in “Twilight” e “New Moon” e, malgrado la sua ancora acerba carriera, vanta già uno stuolo di fans incredibile che la idolatrano esclusivamente per quella parte – tra l’altro marginale – nella saga ispirata ai romanzi di Stephenie Meyer. Dall’originario “Summer’s Blood” siamo dunque passati a “Summer’s Moon”, chiaro richiamo nomenclativo al secondo capitolo della su citata saga, accentuato anche dai caratteri con cui è stato scritto il titolo. Se aggiungiamo che uno dei personaggi del film si chiama Gaia (è la madre di Tom) ma ogni volta che il suo nome viene pronunciato sembra di sentire una cosa tipo ‘Twaila’ (almeno questo accade nell’edizione italiana), allora il quadro è completo e si ci rende conto come questo scadente thriller sia stato usato come specchietto per le allodole per richiamare in tutti i modi, anche i più scorretti, i fans di “Twilight”. E la cosa più eclatante è che il target medio di “Twilight” è davvero troppo diverso da quello a cui ambisce “Summer’s Moon”, gettando così in pasto al cliente agognato un prodotto che non può soddisfarlo e invece magari allontanando chi potrebbe essere l’acquirente più adatto. Fatto sta che “Twilight” o meno, strategia di marketing azzeccata o no, “Summer’s Moon” rimane un film pedestre sotto tutti i punti di vista. La storia scritta dal novellino Sean Hogan e da Christine Conradt (“Il gioco della mantide”, “La casa degli omicidi”) è un qualche cosa di terribile, una summa di tutti gli stereotipi da psycho movies con famiglie deviate, popolata da personaggi incolori e da situazioni improbabili. Si spazia da “Psycho” a “Il collezionista” passando per il recente “Mum and Dad” senza un briciolo di fantasia; si mettono in scena scelte assolutamente assurde e perfino ridicole (il giardino coltivato a donne?) e si cerca di costruire un colpo di scena su un dato che ogni spettatore può benissimo dare per scontato dopo pochi minuti di film, anche perché sono gli stessi personaggi che sembrano volerlo suggerire di continuo. E questi personaggi? Tom, interpretato da Peter Mooney, è un killer patetico, dalla personalità poco chiara (prima è buono, poi è cattivo, poi è di nuovo buono…!) e assolutamente poco credibile nella parte. Summer, poi, è la solita ragazzetta che da vittima comincia a sfoderare le unghie quando la situazione lo richiede, un personaggio che abbiamo visto su schermo migliaia di volte, qui impersonato da un’insipida Ashley Greene. Salvano la baracca i due adulti, Barbara Niven (“Le due facce di un assassino”) e soprattutto Stephen McHattie (“Watchman”, “2012”). Ma la sceneggiatura è condita anche da personaggi del tutto ridicoli, come Darwin, il galeotto in cerca della figlia scomparsa, e da dialoghi da far cadere le braccia per la banalità. Conduce lo spettacolo Lee Demarbre, tempo fa regista del folle “Jesus Christ Vampire Hunter” e ora addomesticato per un film dal look televisivo e dal ritmo soporifero. Qua e là si intravede la volontà di voler fare qualche cosa di “trasgressivo” introducendo la tematica dell’incesto e avanzando situazioni da torture porn. Il tutto però sfocia sempre in un coitus interruptus, in un vorrei ma non posso, in cui tutto è accennato ma mai mostrato: i rapporti sessuali si consumano timidamente sotto le coperte e lei indossa irrimediabilmente il reggiseno, mentre le morti, da quelle che si prospettano più cruente alle semplici fucilate, avvengono fastidiosamente fuoricampo. Volete un consiglio? Lasciate stare questa roba, è semplicemente una perdita di tempo, un inutile e noioso thriller paratelevisivo senza pubblico, per il quale le distribuzioni hanno pensato di “fregare” quello momentaneamente più sensibile, ovvero la numerosa stuola di twilighters.

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