Ted Bundy backdrop
Ted Bundy poster

TED BUNDY

2002 GB
août 2, 2002

Ted Bundy est un étudiant qui présente bien, a une petite amie et épie d'autres filles par leurs fenêtres d'appartements sous lesquelles il se masturbe. Un soir, il entre chez l'une d'elle, la frappe à coups de marteau, la viole tout en la martelant de coups de poing. Ainsi commence la triste carrière d'un " inadapté social " pour lequel le terme " serial-killer " fut inventé.

Réalisateurs

Matthew Bright

Distribution

Michael Reilly Burke, Boti Bliss, Tracey Walter, Deborah Offner, Tom Savini, Tiffany Shepis, Julianna McCarthy, Steffani Brass, Matt Hoffman, Renee Intlekofer
Horror Crime
HMDB

CRITIQUES (1)

MR

Marco Ruggeri

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Ted Bundy è l’uomo per cui è stato coniato il termine “serial killer”, l’uomo che ha terrorizzato l’America a partire dalla fine degli anni ’70, violentando, torturando e uccidendo un numero incredibile di ragazze (c’è chi ne conta addirittura 150, ma i confini delle statistiche sfiorano ormai il mito e le leggende popolari); l’uomo dall’apparenza normale, dotato di un fascino e di un ascendente sulle donne fuori dal comune, da permettergli di sprofondare in un abisso di orrore sconfinato. Il film ripercorre ogni passo della sua escalation criminale, dalla frenetica cleptomania alla scoperta di un piacere nuovo (i rapporti sessuali con i cadaveri delle donne da lui stesso torturate), dalla sua prima incriminazione alle sue due fughe dalla prigione, fino al tragico epilogo sulla sedia elettrica, che lo ha consegnato alla storia come uno dei più spietati assassini di tutti i tempi. Analizzato da un punto di vista tecnico il film è abbastanza curato, buone alcune scelte di montaggio così come una serie di sequenze capaci di catturare l’attenzione dello spettatore (la scena della casa in collina dove Ted porta le ragazze rimorchiate sulla spiaggia, è forse la migliore). Per merito del fascino perverso che la storia di Ted Bundy innegabilmente esercita sulla curiosità dello spettatore, il film riesce a coinvolgere quel tanto da spingerci a continuare la visione fino alla fine, anche grazie alla prova di Michael Reilly Burke nei panni del Mostro, non sempre convincente ma con alcuni acuti raggiunti nelle allucinate e violente espressioni del volto di Ted Bundy. Le poche note positive, però, si fermano qui. La colpa più grande del regista Matthew Bright è quella di aver scelto, per raccontare la storia, un taglio troppo grottesco e surreale da risultare a tratti quasi comico. Tale decisione si rivela a conti fatti completamente sbagliata: i primi cinque minuti del film sembrano estratti da una puntata di Mr. Bean, le musiche allegre che accompagnano alcuni omicidi sono assolutamente irritanti e fuori luogo, più di una volta sembra che il regista voglia farci ridere di situazioni violente che ben poco hanno di divertente. Poi, come per magia, nel finale della pellicola l’umorismo demenziale lascia spazio ad una banale e stereotipata riflessione morale: la preparazione all’esecuzione diventa drammatica e seria, studiata a tavolino per commuovere e farci pensare che la pena di morte è sbagliata perché in fondo Ted Bundy è un essere umano. Altro passo falso: per quanto la pena di morte possa pure essere uno strumento di “giustizia” troppo primitivo ed eticamente discutibile, è difficile immaginare un caso in cui tale pena possa essere più condivisa dal mondo intero e forse, paradossalmente, più giusta. Distante anni luce da “Henry pioggia di sangue”, un film che realmente riesce a trasmettere l’insensatezza e la drammaticità dell’omicidio senza sfiorare neanche per un secondo la parodia comica, questo “Ted Bundy”, così irritante e privo di approfondimento psicologico, è un film da vedere soltanto per curiosità e se davvero non sapete che fare di un’ora e mezza della vostra vita.

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