The Tripper backdrop
The Tripper poster

THE TRIPPER

2006 US
April 20, 2006

A Ronald Reagan-obsessed serial killer targets a bunch of hippies who are heading to a weekend-long concert.

Cast

David Arquette, Courteney Cox, Richmond Arquette, Paz de la Huerta, Lukas Haas, Balthazar Getty, Redmond Gleeson, Jaime King, Thomas Jane, Jason Mewes
Horror Comedy
HMDB

REVIEWS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Un gruppetto di ragazzi giunge nel bosco di Redwood, località nel quale si terrà la nuova edizione del Free Love Festival, una sorta di piccolo Woodstock che riunisce gli hippies di tutta America. In mezzo a fiumi di droga, alcool e sesso, si scatena però anche un serial killer che, con indosso una maschera che riproduce le fattezze dell’ex presidente Ronald Reagan, sembra essere particolarmente motivato a sterminare chi predica l’amore libero e fa uso massiccio di droghe. Dopo aver interpretato l’agente Linus/Dewey nella trilogia di “Scream”, David Arquette deve averci preso gusto con gli horror slasher e così, per il suo esordio con la regia di un lungometraggio, decide proprio di dedicarsi ad uno slasher alla “Scream”. Peccato però che il simpatico attore non sia Wes Craven e, malgrado i lodevoli intenti e l’originale idea di base, il film non convince affatto. Ormai ogni buon horrorofilo dovrebbe sapere le regole che stanno alla base di uno slasher, in fin dei conti lo stesso “Scream” ce le ha spiegate e illustrate chiaramente: chi fa sesso, beve alcool o si droga in un film horror è la vittima prediletta del killer. Questo ci porta a pensare che lo slasher sia il filone più inconsciamente “anti-liberale” del panorama horror, in cui vengono puniti coloro che trasgrediscono alla morale comune conservatrice per abbracciare (spesso precocemente) gli ideali della gioventù di sinistra del periodo in cui questo genere nacque. Arquette e il co-sceneggiatore Joe Harris hanno avuto la geniale idea di materializzare questo metaforico assunto nel modo più diretto possibile: le vittime liberali e libertine sono dei neo-hippies e il killer conservatore è l’ex presidente repubblicano Ronald Reagan. Idea tanto semplice quanto geniale! L’intero film, però, si limita a questa idea e sembra che il regista, dopo che gli si è illuminata la lampadina, abbia volutamente staccato la corrente, decidendo così di girare e rigirare sui soliti luoghi comuni dello slasher senza particolare fantasia, anzi mostrandosi impacciato e “acerbo” sotto tanti punti di vista. Il difetto maggiore di “The Tripper” è la tempistica, infatti il film ci mette decisamente troppo ad entrare nel vivo della vicenda (circa 50 minuti con una durata complessiva di 90 minuti scarsi) mostrandosi eccessivamente ripetitivo e perfino noioso nella prima parte. Ci vengono introdotti i soliti personaggi che ormai tutti ci aspettiamo da uno slasher movie post “Venerdì 13”, con una particolare predilezione per lo stereotipo del “tizio fumato” – e visto il contesto non si poteva chiedere altrimenti -, ma va benissimo così, per un horror grottesco, misto alla commedia e citazionista in fin dei conti non si può pretendere la “novità” nella delineazione dei personaggi. Il film però stenta ad andare avanti, appare volutamente diluito in noiosi siparietti che annoverano le solite battute sulle droghe e sull’essere “fatti”. Così facendo si distare lo spettatore e si ruba tempo alla portata più appetibile del buffet, ovvero il Reagan killer. Quando entra in scena il singolare assassino, fortunatamente, la situazione si risolleva e, sarà per l’aspetto strambo, sarà per la figura antitetica al contesto, la scelta di inserire l’ex presidente come boogeyman risulta davvero azzeccata. In fin dei conti, in una sua celebre frase (che apre, tra l’altro, il film) Reagan affermò che gli hippies “somigliano a Tartan, camminano come Jane e puzzano come Cita”, mostrando così come la rispettabile figura dell’attore che divenne Presidente degli Stati Uniti calzi a pennello come grottesca nemesi della gioventù libera che proliferò negli USA a partire dagli anni ’60. Lodevole il massacro finale al concerto e decisamente alto il tasso di gore e splatter, peccato però che non ci sia alcuna fantasia nella messa in scena degli omicidi, tutti consumati con i semplici colpi dell’arma bianca di turno (preferibilmente un’accetta da boscaiolo). La prova di Arquette dietro la macchina da presa non convince del tutto e, partendo da una messa in scena un po’ troppo poveristica per un prodotto del genere, si nota un’innata anonimia che tenta qua e là sprazzi di sperimentazione, soprattutto con l’inserto di scene lisergiche decisamente maldestre. Anche la corrosiva e ironica presa per i fondelli al sistema politico (soprattutto di destra) non diverte troppo e in alcuni punti sembra persino fuori luogo o sfruttata nel modo più banale (a conti fatti solo il nome “W. Bush” sul recinto del maiale fa sorridere). Il cast riserva qualche volto celebre, tra cui lo stesso Arquette nel ruolo di un bifolco, Courtney Cox Arquette in un cameo, e, in ruoli più importanti, Lukas Haas (“Mars Attacks!”, “Long Time Dead”), Jaime King (“The Spirit”; “San Valentino di Sangue”), Jason Mewes (Jay dell’accoppiata “Jay e Silent Bob”) e Tom Jane (“The Punisher”; “The Mist”). Insomma, una bella idea di base utilizzata il minimo indispensabile per confezionare uno slasherino ironico che stenta a decollare. Un potenziale cult mancato.