Frayeurs backdrop
Frayeurs poster

FRAYEURS

Paura nella città dei morti viventi

1980 IT
août 11, 1980

Dans la petite commune de Dunwich, un prêtre se pend dans le cimetière de l'église, permettant à l'une des portes de l'enfer de s'ouvrir. Désormais, dans cette ville maudite aux rues désertiques, les habitants sont confrontés à d'étranges et mortelles manifestations. Des morts apparaissent et disparaissent pour tourmenter les vivants et les entraîner vers un monde de ténèbre. Aidé d'une médium, un reporter de la ville de New York va tout mettre en œuvre pour refermer la porte avant que le mal n'envahisse le monde. Alors que les morts commencent à sortir de leurs tombes, les jours des vivants sont comptés… L'heure de l'apocalypse a-t-elle sonné ?

Distribution

Christopher George, Catriona MacColl, Carlo De Mejo, Giovanni Lombardo Radice, Janet Ågren, Antonella Interlenghi, Daniela Doria, Fabrizio Jovine, Luca Venantini, Michele Soavi
Horror
HMDB

CRITIQUES (1)

MM

Massimiliano Marongiu

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Padre Thomas (Fabrizio Iovine), il parroco cattolico di Dunwich, si suicida impiccandosi al ramo di un albero e come conseguenza della sua morte si scatenano orrori inenarrabili sugli abitanti della cittadina. La medium Mary Woodhouse (Katherine MacColl) e il reporter Peter Bell (Cristopher George) si recano a Dunwich per indagare sui sinistri avvenimenti. Quello che scopriranno è agghiacciante: i morti stanno tornando in vita sotto la guida di padre Thomas per invadere il mondo dei vivi… Una delle vette del cinema di Lucio Fulci, capitolo iniziale della cosiddetta “trilogia della morte” di cui fanno parte anche il notevole “Quella villa accanto al cimitero” e il capolavoro “L’Aldilà’”. Grazie al successo internazionale di “Zombi 2” Fulci si trovò di colpo ad essere considerato un nome di spicco del cinema horror, ragion per cui gli venne commissionato un nuovo film per cavalcare l’onda della sua opera precedente. Il titolo inizialmente pensato per questa pellicola era il più scarno ed evocativo “La paura”, ma si decise in seguito di inserire un richiamo ai morti viventi per costituire un trait d’union col summenzionato “Zombi 2”. Con “Paura nella città dei morti viventi” Fulci compie un passo decisivo nella sua personale interpretazione del cinema dell’orrore: a partire da una decostruzione delle regole consolidate del genere rinuncia ad una trama coerente e, privilegiando l’aspetto tecnico-visivo, immerge lo spettatore in un allucinato incubo su pellicola, con vaghi riferimenti all’universo narrativo di H.P. Lovecraft (la città di Dunwich: omonima del borgo maledetto descritto dallo scrittore americano). Le terrificanti immagini del film prendono corpo grazie al consueto gusto registico di Fulci, unito alla fotografia di Sergio Salvati e al fondamentale apporto di Antonello Geleng come scenografo; è a quest’ultimo che si deve, tra le altre cose, la realizzazione di uno dei punti di forza di questo titolo: l’inquietante mondo sotterraneo in cui avviene lo “scontro finale” tra i protagonisti della pellicola e le forze maligne scatenate da padre Thomas. Il montaggio è di Vincenzo Tomassi (collaboratore fidato di Fulci) al quale si deve anche il celebre ed enigmatico finale, basato su una sua intuizione. Un altro nome coinvolto è quello di Michele Soavi, all’epoca ventitreenne, nel duplice ruolo di attore e di aiuto regista non accreditato. Parlando di scelte visive è impossibile non menzionare i truculentissimi effetti gore, tra ragazze che vomitano le proprie interiora e teste spappolate l’appassionato dello splatter ha di che pascersi abbondantemente. La paternità di questi effetti viene generalmente attribuita a Giannetto De Rossi, ma in realtà è quasi certo che furono Franco Rufini e il suo aiutante Rosario Prestopino a realizzarli. L’equivoco è probabilmente nato dalla presenza agli effetti speciali di Gino De Rossi, il quale però non si è mai occupato di make up e scene splatter ma di effetti come esplosioni e simili. Giannetto stesso ha negato di aver mai messo piede sul set del film. La trama, come detto in precedenza, è poco più di un pretesto ma sarebbe scorretto considerarla del tutto priva di significato, in essa sono comunque presenti alcuni elementi di interesse e alcune tematiche fulciane. Balza subito agli occhi la sua irriverenza nei confronti dell’istituzione religiosa: le vittime dell’orrore che si scatena a Dunwich piangono sangue come nell’iconografia cristiana e padre Thomas si suicida impiccandosi a un albero come Giuda Iscariota. Un prete suicida sembra far venir meno le certezze della religione sull’immortalità dell’anima e sulla speranza di una vita eterna, cadute queste certezze la paura e l’orrore non possono che scatenarsi con effetti devastanti. Fulci nonostante fosse un anticlericale godereccio si definiva “cattolico seppur pieno di dubbi”, e in “Paura nella città dei morti viventi” i dubbi sembrano prendere il sopravvento e dar voce a un argomento tipicamente lovecraftiano: il culto religioso visto come pietosa bugia posta a salvaguardia della sanità mentale degli uomini. Tra gli avvenimenti occorsi nel periodo della lavorazione del film si segnalano alcuni aneddoti. Come l’antipatia viscerale nata tra Cristopher George e Lucio Fulci, l’attrice Antonella Interlenghi arrestata per oltraggio al pudore durante una gita in macchina (!?) e un crudele scherzo ordito ai danni di Fulci. Qualcuno, pare lo stesso Cristopher George, mischiò nel tabacco da pipa del regista alcune larve di mosca e il malcapitato, prima di accorgersi della cosa, aspirò un po’ di quell’infernale mistura. Anni dopo Fulci andò incontro a vari problemi di salute e secondo lui la causa era da ricercare proprio in quelle assai poco salutari boccate di fumo.