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NERO INFINITO

Nero infinito

2013
maggio 24, 2013

Nel paese del sud Italia da cui proviene la scrittrice Dora, un sadico omicida sevizia ed uccide alcune persone. Nel compiere i suoi crimini l'assassino si ispira ai romanzi gialli scritti dalla stessa Dora. Sul caso indagano due poliziotti che sospettano di Dora e del suo editore ma, la verità, è assai più complicata ed intricata...

Registi

Giorgio Bruno

Cast

Francesca Rettondini, Rosario Petix, Egle Doria, Riccardo Maria Tarci
Horror
HMDB

RECENSIONI (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Un serial killer sta terrorizzando un cittadina del Sud Italia. L’assassino rapisce giovani donne e, prima di ucciderle, le sevizia, rispettando le modalità in cui vengono uccise le vittime nei romanzi thriller della scrittrice di successo Dora Pelser. Sul caso indagano l’ispettore capo Elena D’Aquino e l’ispettore Valerio Costa che incentrano subito la loro indagine sulla scrittrice e chi la circonda. Nella rinata voglia di fare cinema horror e thriller in Italia, purtroppo relegata quasi esclusivamente al settore indipendente, si è potuto notare un richiamo spesso molto esplicito al bel thriller italiano che fu, lo spaghetti thriller – come lo chiamavano all’estero – che tanto ha segnato un’epoca della nostra cinematografia e ci è stato spesso e volentieri invidiato dagli altri Paesi. Il cinema di Mario Bava, Umberto Lenzi, Sergio Martino e ovviamente Dario Argento, che in un modo o nell’altro è stato citato in diversi lavori indie degli ultimi anni, da “Come un crisalide” di Luigi Pastore a “Ubaldo Terzani Horror Show” di Gabriele Albanesi, passando per “Darkness Surround Roberta” di Giovanni Pianigiani. Ora arriva un nuovo titolo che attinge con prepotenza da quell’immaginario tanto vivido nella mente dello spettatore cinefilo e nei filmakers più colti e genuinamente nerd, si chiama “Nero infinito” ed è l’opera prima di Giorgio Bruno. Sono ben individuabili fin da subito i punti di riferimento del regista che si estendono, appunto, al thriller italiano anni ’70 e forse ancor più anni ’80, con una pesante strizzata d’occhio a “Tenebre” di Dario Argento (lo stesso titolo “Nero infinito” non è forse sinonimo di tenebre?), ripreso sia da alcuni momenti clou dell’intreccio narrativo, sia dalle belle musiche di Marco Werba. L’espediente del romanzo che stimola la fantasia del killer, la macchina da presa che indugia sui particolari nell’antro della “belva” coma da caratteristica argentiana e una certa efferatezza nel mettere in scena alcuni omicidi. Il catanese Giorgio Bruno ha dunque punti di riferimento saldi che richiama alla mente con gusto, dimostrandosi anche piuttosto abile con la ricerca di tagli d’inquadratura mai banali. Però “Nero infinito” non convince in ogni sua componente. Malgrado questa prepotente voglia di rifare lo spaghetti thriller, in più di un’occasione l’opera prima di Bruno finisce per somigliare più a certa fiction poliziesca che da troppo tempo affolla le prime serate televisive, con punte di sciatteria che vanno a toccare molti aspetti tecnico/artistici dell’opera. In primis la confezione del film non è delle più raffinate e si può notare una fotografia piatta e patinata che richiama proprio certi programmi tv, così come la cura per le scenografie mostra troppo la natura low-low-budget dell’opera. Non convincono appieno neanche gli attori e se Rosario Petix risulta comunque simpatico e capace, così come non dispiace l’ex soubrette televisiva Francesca Rettondini nella parte della poliziotta tosta, il resto del cast mostra carenze recitative a volte evidenti. Punto a sfavore di “Nero infinito” anche la sceneggiatura che si affida ad alcuni dialoghi “scult” che a volte fanno sorridere involontariamente e si affida a un intreccio giallo un po’ debole, con colpi di scena ampiamente anticipabili. Gli amanti del gore e della violenza potranno rimanere soddisfatti in più di un’occasione con un paio di scene molto forti, a cominciare da quella della lingua cucinata e delle labbra cucite che forse citano “La Casa 4”, o forse no. In generale “Nero infinto” convince solo in parte, se lo spettatore più navigato potrà apprezzare la voglia e la passione nel voler richiamare certo bel cinema italiano di genere, lo spettatore comune molto probabilmente finirà per convogliare l’attenzione soprattutto sui difetti di cui il film si fa carico. Per il momento lasciamo il giudizio sospeso e aspettiamo Giorgio Bruno ad un’opera seconda che magari metta da parte la passione cinefila e si concentri su altri aspetti necessari per fare di un film un buon film. In affettuosi cammei compaiono in veste di attori i registi cult Enzo G. Castellari, Claudio Fragasso e (in una sola scena) Ruggero Deodato.

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