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Marco Castellini
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John Merrick, un pover’uomo nato orribilmente deforme, viene sfruttato da un uomo senza scrupoli come fenomeno da baraccone. Il dottor Frederick Treves assiste per caso ad un suo “spettacolo”, si impietosisce e decide di liberarlo, riscattandolo dal suo sfruttatore. John viene così sistemato in un alloggio dell’ospedale dove lavora lo stesso dottore, da qui però viene rapito e ritorna al suo sfruttatore. Riesce nuovamente a liberarsi ma quando torna all’ospedale per lui non c’è più nulla da fare, la sua già precaria situazione fisica è andata ancora peggiorando e lo porta alla morte. Un emozionante capolavoro basato su una cronaca vera e fotografato in un fulgido bianco e nero da Freddie Francis. Più che di un horror si tratta di una pellicola drammatica, con un ottimo cast (nel quale spicca un ottimo Anthony Hopkins) per la regia dell’eccentrico Lynch che questa volta però non si concede nessuna particolare “stravaganza”. Una pellicola commovente, a tratti struggente, che manda un chiaro messaggio: il vero orrore non è quello esteriore, rappresentato dalle orribili fattezze dell’uomo elefante ma quello ben più terribile che si cela nell’animo delle persone. Il povero John passa dalla condizione di schiavo di un poveraccio e spietato sfruttatore, a cavia per studiosi fino a diventare vezzo di nobili e regnanti, senza nessun rispetto o quasi per la sua natura di uomo. Il film ottenne ben otto nomination agli Oscar ma non ne vinse nessuno, anche se certamente un premio lo avrebbe meritato l’ottima interpretazione di John Hurt nei panni del disgraziato John Merrick alias Elephant Man, tenendo conto della “fatica” di recitare sotto pesanti strati di trucco.