Anamorph backdrop
Anamorph poster

ANAMORPH

2007 US
September 21, 2007

A psychological thriller based on the concept of anamorphosis, a painting technique that manipulates the laws of perspective to create two competing images on a single canvas.

Directors

Henry Miller

Cast

Willem Dafoe, Scott Speedman, Peter Stormare, Clea DuVall, James Rebhorn, Amy Carlson, Yul Vazquez, Don Harvey, Samantha MacIvor, Debbie Harry
Thriller Crime
HMDB

REVIEWS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Il detective Stan Aubray viene chiamato per indagare sul caso di un assassino che semina cadaveri addobbando il luogo del delitto come se si trattasse di un dipinto, per di più utilizzando la tecnica dell’anamorfismo. L’FBI è certa che si tratti di un copykat, dal momento che pochi anni prima un altro serial killer, chiamato dalla stampa Zio Eddie, lasciava la medesima firma sulle sue vittime. Fu proprio Aubrey a catturare Zio Eddie, ma ora il detective comincia a temere che Zio Eddie non fosse morto e che sta ora reclamando la sua vendetta. L’anamorfismo è un effetto di illusione ottica con il quale una figura proiettata su un piano in modo distorto è rivelata nel suo aspetto originario solamente se guardata da una particolare angolazione. Si tratta di una tecnica usata spesso in pittura, soprattutto per comunicare un messaggio non immediatamente leggibile agli occhi dello spettatore e uno degli esempi più celebri è “Gli ambasciatori” di Hans Holbein, un dipinto che presenta una strana figura ai piedi dei due soggetti ritratti che, se vista di lato e in posizione leggermente inclinata, si rivela essere un teschio, presagio di morte per i due soggetti. Dal momento che il cinema ha “rubato” la tecnica dell’anamorfismo per questioni puramente tecniche (le lenti anamorfiche, che comprimono e decomprimono l’immagine dalla ripresa alla proiezione) non ci sorprende più di tento che abbia utilizzato questo espediente originariamente pittorico anche a scopo narrativo. E così nasce questo “Anamorph”, thriller urbano con caccia al serial killer che fa della tecnica del titolo il modus operandi dell’assassino. Lo spunto di partenza è davvero interessante, l’idea dell’anamorfismo applicato alle scene dei delitti è originale e riesce ad avere un macabro fascino che rende i cadaveri e l’ambiente che li circonda delle singolari opere d’arte. Però il fascino di “Anamorph” sostanzialmente si esaurisce qui. Il regista e sceneggiatore Henry Miller, infatti, non fa altro che applicare questa bella trovata al canovaccio tipico del thriller odierno, senza alcuna fantasia visiva ne narrativa, anzi percorrendo la strada della accumulo/sottrazione in modo poco efficace e a tratti tedioso. Il film risente in maniera quasi imbarazzante il peso dell’esempio fincheriano di “Seven”, vero e proprio caposaldo del genere, visto che dalla sua comparsa il thriller non è più stato lo stesso. Però, francamente, dopo quasi quindici anni dal film con Brad Pitt la solita riproposizione di meccanica e atmosfere comincia un po’ a puzzare di muffa e “Anamorph” è solo uno degli esempi più recenti. Dunque: accoppiata poliziotto giovane e poliziotto anziano, torni darkeggianti e fotografia preferibilmente desaturata, serial killer fantasioso che segue una sua precisa logica e “addobba” le scene del crimine comunicando così con la polizia, pessimismo cosmico e via dicendo… gli stessi ingredienti di “Seven” tornano in “Anamorph”. Però, a differenza del suo predecessore, il film di Miller presenta uno sviluppo a tratti poco coinvolgente penalizzato da un ritmo lento e meccanico e soprattutto da una serie di personaggi poco interessanti. Se l’anziano detective (un Willem Dafoe sottotono) che ha “un conto in sospeso” con il killer è il cliché più logoro che si possa immaginare, ancora peggio sono i personaggi di contorno rappresentati dal giovane collega (uno smarrito Scott Speedman) e dalla ragazza problematica da salvare (una Clea Duvall fuori parte), appena abbozzati e inseriti nella vicenda esclusivamente per innescare delle singole scene. Solo Peter Stormare – a cui Hollywood dovrebbe imparare a dare dei ruoli di maggior spessore – si salva con un personaggio carismatico e ambiguo a cui però sono affidate solo poche scene. Anche il finale non convince, troppo frettoloso e colpevole di una fastidiosa irrisolutezza che non si riesce a comprendere se sia scaturita da volute scelte narrative o da esigenze di durata in cui il risultato è dato dalle forbici del montatore. Se vi accontentate del solito thriller tecnicamente ben fatto e di un’idea di partenza interessante, puntualmente non sfruttata fino in fondo, accomodatevi pure; ma se i cloni di “Seven” vi hanno stancato, allora forse è meglio guardare altrove, “Anamorph” non è neanche di particolare intrattenimento.

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