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Detrás de la máscara: El encumbramiento de Leslie Vernon poster

DETRÁS DE LA MÁSCARA: EL ENCUMBRAMIENTO DE LESLIE VERNON

Behind the Mask: The Rise of Leslie Vernon

2006 US
agosto 29, 2006

Con un inicio narrado en clave de documental, Behind the mask narra la historia de Leslie Vernon (Nathan Baesel), un chico que se 'entrena' para ser un serial killer a la altura de los grandes psicópatas del cine de terror, tomando como modelos a Jason de Viernes 13 o Freddy Krueger de Pesadilla en Elm Street. Taylor Gentry (Angela Goethals) registra con su cámara todo cuanto Leslie le explica, los intríngulis de su 'plan' para sembrar el terror en la pequeña comunidad de Glen Echo.

Directores

Scott Glosserman

Reparto

Nathan Baesel, Angela Goethals, Robert Englund, Scott Wilson, Zelda Rubinstein, Bridgett Newton, Kate Miner, Ben Pace, Britain Spellings, Hart Turner
Terror Comedia Suspense
HMDB

RESEÑAS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Una troupe televisiva è invitata da Leslie Vernon a seguirlo nella preparazione della sua prossima carneficina ai danni di un gruppo di adolescenti che vogliono passare una notte brava nella sua casa natale. Leslie Vernon è, infatti, un novello serial killer, una leggenda del luogo temuta e alimentata dalla superstizione degli abitanti, non dissimile dai vari Freddy Krueger e Jason Voorhees. Il mockumentary è un minifilone molto esplorato dall’horror in questi ultimi anni: “[Rec]”, “Diary of the Dead”, “Cloverfield”, horror molto diversi tra loro per tematiche, ma simili per la tecnica utilizzata, ovvero il cercare di coinvolgere lo spettatore con un’opera di fiction che dà parvenza di realtà tramite l’utilizzo di riprese più consone al genere documentario. Il mockumentary è proprio questo, un falso documentario. Ma prima che gli infetti di “[Rec]” e i mostri marini di “Cloverfield” invadessero le sale di tutto il mondo (con notevole e meritato successo), il giovane esordiente Scott Glosserman si cimentava con questa tecnica traendo ispirazione da due film fondamentali: “Il cameraman e l’assassino” e “Scream”. Dal film belga del ’92, Glosserman prende in prestito l’idea di base che fa da soggetto all’intera opera, ovvero il pedinamento quotidiano di un serial killer (o presunto tale) da parte di una troupe televisiva, mentre dal film di Craven si prende in prestito quell’alone metafilmico-dissacratorio che è in realtà una dichiarazione d’amore al genere horror. Il regista di “Behind the Mask” unisce le due fonti non solo a livello di intenti, ma anche a livello narrativo-figurativo, realizzando così un film che passa con nonchalance da mockumentary a film di pura fiction da un frame all’altro, modificando punto di vista e risoluzione video. In realtà “Behind the Mask” appare più convincente nella sua parte mockumentary piuttosto che in quella fiction per il semplice motivo che raccoglie lì l’originalità e la vera ragione d’esistere dell’operazione. Quando la troupe segue e intervista il sedicente killer vengono messi alla berlina i luoghi comuni dello slasher movie grazie ad una puntualissima analisi che destruttura, spesso scena per scena, questo genere di film, spiegandone anche alcuni dei più blasonati significati socio-psicologici e lo fa con dialoghi intelligenti e divertenti; notevole a tal proposito la teoria sulla valenza fallica delle armi scelte dalla vittima designata e la sua rinascita dall’antro-utero. La parte fiction è necessaria per mostrare, come esercizio pratico, proprio l’analisi prima fornita ma a conti fatti appaiono frangenti pescate da uno slasher qualsiasi tra quelli che hanno seguito il successo di “Scream” e che mostrano giovanotti intenti a “farsi” e spiati in atteggiamenti intimi. Diciamo però che la forza documentativa di “Behind the Mask” risiede tutta ed esclusivamente sull’approccio goliardico e ammiccante verso la materia trattata; infatti ben poco credibile risulta il rapporto di fiducia che esiste tra troupe e serial killer, così come appare fin da subito del tutto incredibile la motivazione che porta i giornalisti ad occuparsi della “materia”. Non a caso il film si apre proprio con la puntuale documentazione della reporter sui vari killer seriali del calibro di Freddy Krueger, Michael Myers e Jason Voorhees, dei quali ci viene parlato come se si trattasse di personaggi realmente esistenti, con tanto di breve excursus geografico da Sprigwood, Haddonfield e Crystal Lake, così che viene fin da principio messo in chiaro l’intento di esplicita falsità documentativa. La grave pecca di questo divertente e divertito docu-slasher è l’assoluta mancanza di violenza gratuita che invece contraddistingue solitamente i film di cui “Behind the Mask” si prefigge esplicatore. Tutto è rispettato con puntualità, perfino la dose necessaria di nudo, ma stranamente il gore latita: gli omicidi (comunque numerosi) avvengono sempre fuori campo e neanche le sanguinose conseguenze sono mostrate. Scelta impopolare e difficile da condividere per un’operazione del genere. Nel cast si fanno notare specialmente Nathan Baesel (“Invasion”; “C.S.I.”) e Angela Goethals (“24”; “Ipotesi di reato”), l’uno nei panni del simpatico psicopatico Leslie Vernon, dotato di genesi da “mostro”, maschera e modus operandi, l’altra nelle vesti della giornalista senza scrupoli Taylor. Particina da simil Dr.Loomis per Robert Englund e cammei per l’ex Jason Voorhees Kane Hodder e la medium di “Poltergeist” Zelda Rubinstein. Insomma, “Behind the Mask” è una vera e propria tesi filmata sullo slasher movie, un film spesso divertente e piuttosto intelligente, non esente da difetti ma meritevole di una visione.

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