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LA TRAMPA DEL MAL

Devil

2010 US
septiembre 16, 2010

Basada en una historia de M. Night Shyamalan. Un día cualquiera, cinco personas, que no se conocen, se quedan atrapadas en un ascensor de un gran edificio de oficinas. Muy pronto comienzan a suceder cosas extrañas y, poco a poco, se dan cuenta de que uno de ellos no es quien dice ser: es el mismísimo Satanás

Directores

John Erick Dowdle

Reparto

Chris Messina, Bojana Novaković, Jenny O'Hara, Logan Marshall-Green, Jacob Vargas, Bokeem Woodbine, Matt Craven, Caroline Dhavernas, Joshua Peace, Zoie Palmer
Terror Suspense Misterio
HMDB

RESEÑAS (1)

GG

Giuliano Giacomelli

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Una mattina come tante, in un grattacielo come tanti, cinque individui perfettamente estranei fra di loro rimangono accidentalmente bloccati all’interno di un ascensore aziendale. In attesa che qualcuno giunga a sbloccare l’ascensore e liberarli, strani fatti iniziano improvvisamente ad accadere sino a che verrà messa a repentaglio la vita dei cinque, i quali iniziano misteriosamente a morire uno dopo l’altro. A quanto pare qualcuno di loro non dice la verità sulla propria identità. Il Diavolo ci ha forse messo lo zampino? Pare proprio di si. Dispiace un pochino bocciare quest’opera senza concedersi nessuna riserva perché, se il tutto fosse stato gestito in maniera più “seria” e coraggiosa, sarebbe potuto uscirne fuori davvero un qualche cosa di notevole, un insolito film dell’orrore capace di trattare la tematica demonica facendo ricorso ad insoliti contesti e capace di non incappare in risaputi schemi narrativi resi quasi “obbligatori” da un certo cinema a stelle e strisce. Il plot parte da un incipit tanto semplice ed elementare quanto efficace: tre uomini e due donne, tutti molto diversi ma tutti così simili, si ritrovano intrappolati in uno spazio strettissimo che non offre alcuna via di fuga; ma il peggio è che non sono soli, c’è qualcosa di metafisico tra di loro che cerca di eliminarli uno dopo l’altro. Il materiale su cui mettere mano era ottimo, occorreva solamente rischiare un (bel) po’ di più sullo sviluppo del soggetto e lavorare per sottrazione di elementi piuttosto che per aggiunta. Poteva venir fuori un bell’horror minimalista, fortemente inquietante e in grado di spiazzare lo spettatore puntando le sue carte sul fattore claustrofobia, un metodo tanto semplice quanto efficace per genere il giusto stato d’ansia nell’animo del pubblico che guarda. Proprio di recente ci aveva provato Rodrigo Cortès con il sorprendente “Buried” a compiere un esperimento di questo tipo, ambientare l’intera vicenda solo ed esclusivamente all’interno di una cassa in cui i novanta minuti di film equivalevano ai novanta minuti di aria che il protagonista aveva per vivere. Un film capace di prendere lo spettatore dritto allo stomaco e tenerlo inchiodato davanti allo schermo, per tutto il tempo, senza concedergli nemmeno uno sbadiglio nonostante l’azione limitata; un’opera, quella di Cortès, che ha saputo ben sfruttare le sue carte (giocando molto bene sul fattore claustrofobico) e che non ha avuto il timore di rischiare nel confezionare un film sicuramente non per le grandi masse. “Devil”, purtroppo, non ha avuto lo stesso coraggio del film di Cortès ed è proprio qui che si riscontra la più grossa falla del film. John Erick Dowdle (già artefice dell’inutile “Quarantena”, remake americano di “Rec”) dirige un film sbiadito che non riesce a sviluppare nemmeno una di tutte quelle potenzialità che erano racchiuse nel magro plot di avvio. Ma si ha la sensazione che tale mancanza non sia dovuta ad una scarsa competenza da parte dell’autore, bensì sia del tutto voluta dalla produzione al fine di generare un film capace di viaggiare sul “sicuro” ed accontentare le grandi masse, ogni tipo di bocca. Ecco dunque che il film va ad assumere toni molto corali e l’azione va ad allargarsi notevolmente, non limitandosi (come avrebbe dovuto, a parere di chi scrive) entro le quattro pareti dell’ascensore. Non siamo portati a concentrarci solamente sui cinque malcapitati e sulle loro ansie, bensì siamo costretti a seguire anche la vicenda del poliziotto tormentato che agisce fuori dallo stabile e che guida l’azione di salvataggio e delle annoiate e noiose guardie del grattacielo che tengono d’occhio gli “incidentati” dai loro monitor di sorveglianza. La claustrofobia, perciò, va letteralmente a farsi benedire e di questa cosa ne risente fortemente tutta la componente horror poiché in nessun momento si riesce a respirare quell’aria di pericolo che respirano i personaggi del film e che dovrebbe respirare anche lo spettatore avventuratosi nella visione. Altra componente necessaria alla riuscita del film e che invece viene totalmente mal gestita è la mancanza di “paranoia” e di quello stato confusionale che avrebbe dovuto portare tutti i cinque estranei a sospettare gli uni degli altri in un contesto in cui tutti sono sospettabili. Purtroppo anche ciò viene a mancare e in nessun momento si è portati a sospettare ora di uno, ora di un altro. Ma tutte queste, in fin dei conti, sono colpe da imputare prevalentemente alla sceneggiatura che si dimostra carente un po’ sotto tutti i punti di vista: dalla gestione dei personaggi fino ai risvolti finali della narrazione. I personaggi rappresentano l’ennesima nota dolente, privi di personalità e di un reale motivo per poter essere ricordati. La domanda è dunque una: se non ti ricordi che faccia hanno, come fai ad appassionarti alle loro storie? Ma se alcuni personaggi (quelli rinchiusi nell’ascensore) viaggiano nell’anonimato più totale, altri riescono a cadere nello stereotipo da barzelletta. È il caso del poliziotto segnato dal solito trauma dovuto al classico incidente in cui ha perso tutta la famiglia (guarda caso è tutta colpa di un “insospettabile” pirata della strada) e della guardia messicana addetta alla sorveglianza che pare essere l’unico a sapere qualcosa sul diavolo (possibile che ogni volta che si tratta di spiriti e demoni in un film deve essere sempre il personaggio ispanico a sapere tutto?). Anche i dialoghi risultano essere spesso eccessivamente improbabili ed assurdi, al punto tale che spesso sprofondano persino nel ridicolo involontario. Ma con le pecche non si finisce di certo qui. Vogliamo parlare dell’espediente adottato per far uscire di scena ogni volta un personaggio e che sembra voler scimmiottare un vecchio e classico giallo hollywoodiano (via la luce, urlo, si riaccende la luce e compare il morto)? Oppure degli inutili, quanto scorretti, depistatggi che la sceneggiatura offre per far si che lo spettatore non arrivi prima del tempo alla soluzione finale? No, meglio di no, preferisco stendere un velo pietoso. Spendiamo due parole, però, per l’improponibile finale e il banalissimo messaggio che il film vuole trasmettere. Con l’avanzare dei minuti e l’avvicinarsi dei titoli di coda le cose iniziano a diventare estremamente forzate, le coincidenze aumentano un po’ troppo di numero e l’attendibilità dei fatti viene sempre più messa a dura prova, sino a giungere alla smielata morale finale più adatta ad un corso di catechismo piuttosto che ad un film dell’orrore. La cosa che più dispiace non è notare come tante appetitose potenzialità siano state brutalmente gettate al vento per ricorrere in favore della “operetta commerciale a tutti i costi”, ma notare che nella realizzazione del film sia coinvolto anche M. Night Shyamalan nelle vesti di ideatore del soggetto e di produttore. “Devil” nasce come primo episodio di una possibile nuova trilogia del terrore. Speriamo in meglio per i prossimi due capitoli.

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