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Roberto Giacomelli
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Chihiro è una ragazza felice: ha un buon lavoro, una vita sociale molto intensa e sta per sposarsi con il collega di lavoro Nogami. Un giorno però le piomba dentro casa Hirokawa, un suo ex compagno di liceo che la violentò insieme a due altri uomini. Chihiro non ha mai raccontato a nessuno della violenza subita, anzi ha cercato di dimenticare l’accaduto, ora però l’uomo la ricomincia a sottoporre a sevizie di ogni tipo e le annuncia che i suoi due amici stanno per giungere per spassarsela nuovamente in tre con il corpo della ragazza. Ad un primo momento di panico e difficoltà seguirà per Chihiro una fredda e lenta vendetta…
Il freddo gelido dei congelatori che pian piano decorano la casa di Chihiro, la neve che nei flashback attraversa il fascio di luce generato dai lampioni, il “congelamento” a cui allude il titolo, sono tutti sinonimi della freddezza che si annida nel cuore della protagonista. Una ragazza fragile e forte allo stesso tempo, capace di affrontare un evento traumatico come uno stupro e rifarsi una vita come se nulla fosse accaduto. Ma allo stesso tempo si tratta di una ragazza che ha somatizzato la violenza ed è pronta ad espellerla e farne uso quando il momento lo richiede, in una fredda, anzi gelida vendetta. “Freeze me” è questo, un film di violenza e solitudine, di vendetta e compassione; è un rape & revenge ante litteram, fuori tempo e fuori i consueti confini geografici.
Il filone rape & revenge, che la tradizione stabilisce come iniziatore “L’ultima casa a sinistra” craveniana, ha regole ben precise e dovrebbe attingere essenzialmente al mondo dell’exploitation, della sesazionalizzazione del sesso e della violenza. “Freeze me”, pur classificabile in questo filone, tende a distaccarsene per apparire più “alto”, più artistico e meno exploitativo dei suoi antesignani. Nella tradizione cinematografica orientale l’utilizzo dello stupro e della vendetta in effetti va oltre il semplice intento viscerale, spesso è utilizzato da veri autori per veicolare messaggi metaforici non proprio in sintonia con i bassi istinti che vogliono appagare i film exploitativi; e “Freeze me” si pone spesso su questa corrente, pur risultando, a conti fatti, un rape & revenge in piena regola.
L’intento di Takashi Ishii, regista della pellicola, è mettere in scena il marciume della società nipponica odierna e la solitudine che spesso genera nell’individuo. La grande città in cui si svolge la vicenda non è più orrenda del paese di provincia in cui è avvenuto il primo stupro, così come i provinciali non sono persone peggiori degli abitanti della metropoli. I tre stupratori sono descritti come i lupi cattivi che sono pronti ad aggredire la loro preda, ma anche il personaggio di Nogami, il fidanzato di Chihiro, non è certamente descritto in maniera molto più
positiva: si tratta di un egoista, incapace di relazionarsi con la sua ragazza nei momenti di vera difficoltà; non è troppo differente dai tre stupratori, poiché sembra che il suo affetto per Chihiro sia legato quasi esclusivamente alla prestazione sessuale, e non a caso i rari momenti in cui lo vediamo in compagnia della ragazza è nel mentre di un rapporto sessuale.
Il personaggio di Chihiro è molto ben tratteggiato e anche ben interpretato da Harumi Inoue (impietosamente rovinata, però, dal doppiaggio italiano), capace di donare alla sua Chihiro una freddezza e distaccamento emotivo dagli eventi magistrale. Quello che magari funziona un po’ meno a livello narrativo è il troppo repentino cambiamento della protagonista da vittima a carnefice, sicuramente giustificabile a livello concettuale, ma poco efficace a livello figurativo.
Non particolarmente riusciti sono però i tre stupratori, forse intrappolati nello stereotipo. Il primo a comparire, Hirokawa, rappresenta il ragazzotto di bell’aspetto sbruffone ed esageratamente sicuro di se; il secondo, Baba, è l’esatto opposto: frustrato, insicuro e complessato. Alla fine giunge Kojima, il leader del gruppo, criminale a tutto tondo appena dimesso dal carcere; questo personaggio è forse quello più approssimativo e macchiettistico, a tratti anche ridicolo nel suo appassionarsi ai videogame.
La regia di Ishii è davvero molto valida ed elegante, capace di donare poesia alle scene più cruente, supportata anche da una buona fotografia che predilige un’alternanza di toni caldi e freddi per sottolineare la calura estiva che si respira
nell’appartamento della protagonista (per mantenere i congelatori attivi deve staccare in condizionatore per non creare un sovraccarico) e il freddo che si respira nei momenti che hanno per protagonisti i congelatori.
Pur essendo un rape & revenge, “Freeze me” preferisce suggerire e non mostrare mai troppo, dunque lo stupro attorno a cui ruota l’intera vicenda si vede solo attraverso fugaci flashback, e le violenze sessuali a cui è sottoposta Chihiro mostrano sempre il “prima” e il “dopo” e mai il “mentre”. Anche le scene di sangue rimangono quasi sempre fuori campo, risultando comunque efficaci e sufficientemente disturbanti.
“Freeze me” è un film decisamente molto valido, probabilmente più orientato verso il genere “drammatico” piuttosto che verso il “thriller-horror”, capace di emozionare e coinvolgere malgrado la ripetitività della vicenda. In un ideale “breve storia del rape & revenge” il film di Ishii andrebbe assolutamente menzionato.