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Roberto Giacomelli
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Da secoli gli esseri umani vivono una tregua con il popolo degli elfi, ma Nuada, il principe del regno fantastico, è intenzionato a rompere questa tregua e per far ciò deve impossessarsi delle due parti di una corona che lo renderebbero capace di controllare l’indistruttibile armata d’oro. Hellboy e i suoi colleghi del Dipartimento per la Ricerca sul Paranormale e la Difesa vengono a conoscenza dell’apocalittico piano del principe Nuada e dovranno inoltrasi nei meandri del regno fantastico per impedire che l’armata dei massicci robot dorati venga risvegliata e rada al suolo l’umanità.
Ormai la stampa internazionale ha affibbiato a Guillermo Del Toro l’appellativo di “visionario”: Del Toro verrà ricordato come regista visionario. Ma non sarà riduttivo? Tutti i film che fino ad ora questo bravissimo autore messicano ha diretto sono il tassello di un enorme mosaico (non ancora completo) che descrive con fantasia e intelligenza un universo parallelo al nostro, in cui personaggi fiabeschi, umani e cognizione storica della politica convivono e si intrecciano continuamente. Il suo cinema è un enorme freak show composto da vampiri millenari, scarafaggi mutanti, fauni, orchi e diavoli dalle corna piallate che si sentono un po’ umani. Un circo di meraviglie e orrori che si trova continuamente in bilico tra horror citazionista, action virtuosistico e fiaba nera per adulti.
“Hellboy – The Golden Army” arriva quattro anni dopo il riuscitissimo primo capitolo e, pur non raggiungendo la vetta del suo predecessore, porta in se tutta la personalità autoriale di Del Toro, fondendola con gran maestria con il linguaggio del blockbuster hollywoodiano. Questa seconda avventura del diavolo dal pugno di pietra è un’incursione nei territori del puro fantasy, in cui i pallidi accenni orrorifici suggeriti dalle atmosfere lovecraftiane del primo film sono qui del tutto sostituiti dal folklore europeo e dall’immaginario fiabesco tanto caro al regista del “Labirinto del Fauno”. Hellboy e i suoi amici Abe Sapien e Liz Sherman si trovano a dover affrontare creature che sembrano uscite direttamente dal precedente film del regista (“Il labirinto del Fauno”, appunto) ma fortunatamente l’opera non si limita ad una compiaciuta esibizione di stile visivo e suggestioni immaginifiche (il rischio era grande) ed “Hellboy – The Golden Army” porta in se i geni di almeno quattro generi cinematografci differenti. C’è il fantasy, appunto, che rappresenta la componente predominante, ma c’è anche l’azione fornitaci da spettacolari e coreograficamente bellissime scene di combattimento, il melò che scaturisce dalle relazioni sentimentali tra i personaggi, la commedia. Forse è proprio la componente comedy che a volte risulta eccessivamente presente, anche quando non richiesta, capace di regalare scene assolutamente riuscite ed altri decisamente più gratuite.
Pur non presentando una sceneggiatura particolarmente “sofisticata”, “Hellboy – The Golden Army” ha il grande pregio di riuscire ad approfondire dei personaggi che difficilmente si riuscirebbero a prendere sul serio. E così il simpaticissimo Hellboy (interpretato dal bravo Ron Perlman) è sempre pronto ad infrangere le regole per cercare un po’ di calore umano da una potenziale folla di fans, ma a sue spese si rende conto di essere considerato un mostro, un diverso assimilabile alle creature che lui stesso combatte piuttosto che agli umani che da anni protegge. In questo secondo capitolo comincia a sorgere nel personaggio quel conflitto interiore e consapevolezza di natura demoniaca che potrebbe fungere da fulcro per un eventuale terzo capitolo. Inoltre viene dato più spazio e più spessore al singolare personaggio di Abe Sapien (nuovamente interpretato dal camaleontico Doug Jones), l’anfibio sensitivo che rappresenta la “mente” del Dipartimento per la Ricerca sul Paranormale e la Difesa, qui più “umano” che nel film precedente e mostrato alle prese con problemi sentimentali. Ci si sarebbe aspettato un maggior rilievo per il personaggio dell’incendiaria Liz Sherman, ormai capace di controllare i suoi poteri, e per il cattivo principe Nuada che, malgrado l’ottima
prestazione degli attori che li interpretano (Selma Blair e Luke Goss), appaiono un po’ marginali nel complesso dell’opera.
Grandi protagonisti del film sono i mostri, i freaks che tanto piacciono a Del Toro, qui splendidamente realizzati da stupefacenti effetti speciali vecchio stile (a volte mescolati alla computer graphic) e capaci di reggere un film di oltre due ore senza farlo apparire grottesco ne portando allo straniamento lo spettatore.
Come avrete capito “Hellboy – The Golden Army” condivide poco o nulla con l’horror, e così come nel caso del primo film non aspettatevi dunque scene di tensione o spargimenti di sangue, ma ciò non vuol dire che il fan all’ultimo stadio del cinema horror non possa apprezzare questa opulenta favola per adulti, conferma del talento di uno dei più affermati “giovani” registi contemporanei.