MC
Marco Castellini
•
Identità Violate
L’agente speciale dell’ FBI Illeana Scott, famosa per il suo intuito e per il suo modo anticonvenzionale di analizzare la scena del crimine, viene chiamata in aiuto da un gruppo di detective di Montreal per far luce su un misterioso caso di omicidio. I metodi insoliti e bizzarri con cui la donna opera per tracciare il profilo criminale dell’assassino la portano presto sulle tracce di un feroce serial killer che, nel corso degli ultimi vent’anni, ha ucciso numerosi innocenti assumendone l’identità. Grazie all’aiuto di un testimone oculare la polizia riuscirà a piccoli passi ad avvicinarsi al pericoloso criminale, rendendosi conto però molto presto di essere di fronte ad un uomo più astuto e letale di quanto avrebbero mai immaginato. Da quando registi talentuosi come David Fincher o Jonathan Demme hanno regalato al grande cinema capolavori del calibro di “Seven” e de “Il silenzio degli innocenti”, non esiste serial thriller che non subisca il paragone (giusto o sbagliato che sia) con i suoi progenitori. E purtroppo nella maggior parte dei casi questo paragone non regge. A dire il vero “Identità violate” lasciava ben sperare, sia per la struttura intrigante del trailer, sia per i primi minuti di proiezione, capaci di stuzzicare non poco la curiosità dello spettatore: già dalla sigla iniziale però, fotocopia sbiadita dei titoli di testa del già citato “Seven”, si comincia ad intuire che qualcosa non funziona per il verso giusto. Il prologo promettente infatti lascia spazio ad un film che si perde quasi subito in tutta la serie di cliché abusati tipici del genere: particolari truculenti in primo piano (a dire il vero un po’ fini a se stessi), stanze buie e perquisizioni a lume di torcia (ma perché nelle case manca sempre la luce? Elettricisti di tutto il mondo ribellatevi!), feticci e pupazzetti inquietanti un po’ ovunque, il tutto costruito però troppo a tavolino per creare un’atmosfera deviata e folle. Ed per questo che in realtà non ci riesce. Come se non bastasse, l’abitudine dello spettatore smaliziato a non accettare per buone le prime intuizioni degli investigatori e ad immaginare sviluppi futuri inattesi, portano presto ad indovinare con una buona dosa di sicurezza l’identità dell’assassino prima ancora che la polizia si metta sulla traccia giusta. Ad “Identità violate” manca la dose di tensione necessaria, manca la palpabile e concreta percezione della follia del serial killer, manca la sensazione di vana ricerca e la frustrazione condivisa empaticamente con gli investigatori: la presenza di un testimone e di un identikit già dopo neanche mezz’ora di film, toglie la possibilità di viaggiare con la fantasia e ci trasforma in testimoni passivi di una spettacolo tutto sommato anche poco piacevole. I colpi di scena sono scontati e inutili, la costruzione psicologica dei personaggi è quasi del tutto inesistente, e le sequenze si susseguono una dietro l’altra senza il minimo sussulto, tanto che per buona parte del film non troveremo quasi niente di interessante sullo schermo, eccezione fatta per la splendida protagonista. Ed è infatti soltanto lei a catalizzare l’attenzione dello spettatore: Angelina Jolie è bellissima, sensuale, intrigante, ed il regista si diverte a presentarcela in tutte le salse. Con i capelli legati, con i capelli sciolti, in camicia bianca, in camicia nera, con le magliette attillate, in accappatoio e poi finalmente mezza nuda in preda al fuoco della passione. Intorno a tanto ostentato splendore il nulla: la recitazione (se per recitazione intendiamo capacità comunicativa ed espressiva) è praticamente quasi del tutto assente, a cominciare dal co-protagonista Ethan Hawke, antipatico e monoespressivo come al solito. Rimane poi impossibile spiegarsi come mai il regista D.J.Caruso, al suo primo film dopo numerose esperienze nei serial tv (ai quali peraltro gli consigliamo di ritornare), pur avendo a disposizione uno dei più grandi talenti del cinema moderno, il Kiefer Sutherland di “Vanishing” e “Linea mortale” (per citarne alcuni), tornato alla ribalta grazie alla splendida serie “24”, decida di cucirgli addosso due battute senza senso e di riprenderlo soltanto per pochi incomprensibili secondi. Un vero spreco… La stagione cinematografica 2003/2004 continua nella sua svilente strada di acefala mediocrità.