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Roberto Giacomelli
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Il giovane Abraham Lincoln rimane orfano di madre quando la donna si ammala, colpita da un virus sconosciuto. Una volta adolescente, Abraham scopre che la causa della morte della madre è stata il morso di un vampiro e, individuato il colpevole, si prepara per combatterlo, ma quando sta per essere sopraffatto dalla creatura, un giovane nobile di nome Henry Sturgess viene in suo soccorso. Da quel momento Henry addestra Abraham come cacciatore di vampiri, che diventa una perfetta macchina ammazza succhia-sangue, armato di accetta dalla lama d’argento. Con il passare degli anni Abraham si candida alla Casa Bianca e viene eletto Presidente degli Stati Uniti, impegnandosi a combattere contro una feroce orda di vampiri tra le fila dei sudisti durante la guerra di secessione.
Una trama bizzarra e senz’altro originale è sicuramente il punto di forza di “La leggenda del cacciatore di vampiri”, goffo e anonimo titolo italiano per il ben più diretto e pregnante “Abraham Lincoln: Vampire Hunter”. Dietro questo curioso film, che segna il ritorno dietro la macchina da presa del russo Timur Bekmambetov dopo il successo di “Wanted – Scegli il tuo destino”, c’è un romanzo diventato in breve tempo un cult scritto da Seth Grahame-Smith, anche autore della
sceneggiatura.
Mettiamo però subito i proverbiali puntini sulle “i”: dietro la genialità di un plot accattivante, si nasconde un film d’intrattenimento molto tradizionale, la classica “baracconata” hollywoodiana che potrebbe far gridare di gioia molti ragazzini e al contrario far storcere il naso a più di uno spettatore.
I vampiri tornano ad essere quelli cattivi e ripugnanti che abbiamo amato in tempi non sospetti, con un look classico rinforzato da frequenti morphing facciali in computer grafica, che vanno ad inserirsi in modo insospettabilmente adeguato ad un contesto storico che avrebbe potuto facilmente cozzare con l’iconografia fantastica. Un universo distopico in cui gli Stati Uniti all’alba della guerra di Secessione sono popolati da spietati vampiri che controllano il traffico di schiavi e
hanno un ruolo centrale proprio nello scontro tra nordisti e sudisti. Lo stesso Abraham Lincoln, fautore del Tredicesimo Emendamento, è credibilmente inquadrato come ammazzavampiri rancoroso, prima, e ammazzavampiri Presidente dopo, con una ovvia propensione per la prima qualifica che occupa la parte più convincente del film. Infatti nell’ellissi temporale che ci porta avanti di quasi un trentennio, percepiamo l’inadeguatezza dell’adattamento cinematografico a trattare un tema costantemente in bilico tra serio e faceto. Il film di Bekmanbetov si prende dannatamente sul serio contro ogni previsione, dunque vedere un giovanotto ottocentesco che fa a pezzi vampiri con un’accetta ci può stare, ma vedere il Presidente Lincoln ultracinquantenne così come l’iconografia ce l’ha descritto fare le stesse cose, qualche sorrisetto beffardo e non voluto lo strappa.
C’è da dire che croce e delizia di “La leggenda del cacciatore di vampiri” sono le numerose scene
d’azione che popolano il film. Azione talmente esagerata e irreale (la lunga scena d’inseguimento in mezzo a una mandria di cavalli selvatici è il clou!) da risultare quasi fastidiosa alla lunga, ma allo stesso tempo realizzata bene e con largo uso di ottimi effetti visivi da risultare affascinante. Si abusa di ralenty, però, quasi a voler scimmiottare ed esponenzializzare lo stile di Zack Snyder con alcune scene francamente gratuite. Fa sorridere, poi, la scelta di far combattere ogni personaggio della storia con complesse tecniche di arti marziali, come se nell’America ottocentesca queste discipline fossero all’ordine del giorno.
C’è da spezzare una lancia in favore del 3D, un ottimo 3D, utilizzato al pieno delle sue possibilità, mai invasivo e in un perfetto mix tra costante utilizzo della profondità ed “effettacci” di rilievo al servizio del fattore spavento.
Nella media il cast nel quale si contraddistingue senza dubbio Benjamin Walker nel ruolo di Lincoln, a cui si affiancano Mary Elizabeth Winstead (“La Cosa”), nel ruolo di sua moglie Mary, Dominic Cooper (“Capt. America: Il primo vendicatore”), nei panni di Henry Sturgess e Rufus Sewell (“The Illusionist”), nel ruolo del malvagio capo vampiro Adam.
“La leggenda del cacciatore di vampiri” sicuramente diverte e intrattiene, ma adotta la formula del classico blockbuster hollywoodiano serioso e tronfio di effetti speciali che alla lunga può stancare.
Produce Tim Burton.