The Devil's Chair : La Chaise du mal backdrop
The Devil's Chair : La Chaise du mal poster

THE DEVIL'S CHAIR : LA CHAISE DU MAL

The Devil's Chair

2007 GB
septembre 12, 2007

Un couple vient dans un vieil asile psychiatrique à l'abandon pour ajouter un peu de piment à leur vie sexuelle. Découvrant une vieille et étrange chaise, ils s'essaient aux jeux morbides jusqu'à ce qu'un mécanisme se mette en route et mutile atrocement la jeune femme. Disparaissant dans une gerbe de sang, son compagnon est alors accusé de son meurtre et mis en examen dans un établissement spécialisé. Mais une équipe de scientifiques est décidée à se rendre sur place pour essayer la machine...

Réalisateurs

Adam Mason

Distribution

Andrew Howard, Pollyanna Rose, Olivia Hill, Nadja Brand, Louise Griffiths, Elize du Toit, Gary Mackay, Graham Riddell, Matt Berry, David Gant
Horror
HMDB

CRITIQUES (1)

RG

Roberto Giacomelli

Nick e la sua ragazza Sammy si introducono in un manicomio abbandonato e, sotto l’effetto di stupefacenti, cominciano a scambiarsi effusioni intime. Sammy si siede su quella che sembra una vecchia sedia di tortura, ma rimane imprigionata e poi scompare; Nick viene accusato dell’omicidio della ragazza e rinchiuso in un ospedale psichiatrico. Dopo quattro anni il ragazzo viene dimesso e affidato alle cure del dottor Willard che decide riportarlo sul luogo del “delitto” per scoprire quali siano i misteri che si celano tra mura del manicomio abbandonato. Avete presente le buste sorpresa? Forse qualcuno si ricorda di queste buste di plastica colorate che si vendevano fino a una quindicina di anni fa in molte edicole e tanto attiravano l’attenzione dei bambini; al loro interno c’erano una marea di cavolate, materiale invenduto che spaziava tra libricini da colorare, figurine del WWF, soldatini o animaletti in miniatura, puzzle da una decina di tasselli e robe del genere. Insomma una confezione capace di attirare l’attenzione e pronta a promettere cose che in realtà non offriva mai: qualche bambino si accontentava, giocava per un quarto d’ora con il soldatino tutto verde e con l’aereoplanino di polistirolo e poi buttava il tutto in un angolo della stanza, dove rimaneva finché la mamma non passava a fare pulizia, qualcun altro rimaneva indignato e si metteva a frignare deluso. “La sedia del diavolo” non è troppo differente da una busta sorpresa: promette sangue, torture, mostri tentacolari e alla fine offre una storiella annacquata, sciroppo d’amarena sparso sugli attori, un tizio vestito di nero corretto in post-produzione e per il resto tanta noia. Alla regia e alla sceneggiatura c’è Adam Mason, quel ragazzotto inglese che, in coppia con l’inseparabile Simon Boyes, ha diretto anche l’efficace survivor misto torture porn “Broken”. Stavolta però si abbandonano i cupi boschi e le torture psicologiche e fisiche e ci si inoltra nell’occultismo per principianti, fatto di sacrifici umani e immaginifiche dimensioni parallele e infernali. Fin qui tutto ok, la busta colorata c’è! Però Mason non vuole limitasi a mettere in scena un semplice horror che elargisca mostri e sangue, l’intento è leggermente più “alto”, si tenta la strada della riflessione meta testuale, fatta di ironiche voice-over e inaspettati twist narrativi. Ancora meglio, direte voi, la busta non è solo colorata ma anche voluminosa e pesante! Peccato che non appena scoperto il meccanismo, il giocattolo che risponde al nome “La sedia del diavolo” risulti la più gran baggianata che lo spettatore potesse immaginare. La trama si esaurisce dopo appena dieci minuti: lui drogato fino ai lacci delle scarpe, lei mignotta che ci rimette la pelle; lui accusato di omicidio e rinchiuso, viene dimesso e deve affrontare la realtà. Tutto qui, servito anche malamente, sia sotto il punto di vista narrativo (la voce fuori campo stanca dopo due minuti, ma sappiate che è presente per TUTTO il film in maniera intrusiva) che visivo (fotografia eccessivamente sovraesposta e continui fermo-immagine che alla lunga stancano). La trovata che dovrebbe mandare in un brodo di giuggiole lo spettatore (e in alcuni casi l’ha fatto!) è l’insistita extradiegesi che pone il protagonista del film a complice-compagno dello spettatore, come volerlo accompagnare in un giochetto per cinefili disillusi che tutto hanno visto e tutto hanno assaporato. L’intento è spocchioso e, neanche a dirlo, risulta del tutto fallimentare, avvicinando “La sedia del diavolo” ad un confuso flusso di coscienza senza senso piuttosto che a ironica messa in scena di un “genere”. La sensazione che si prova in realtà è che gli sceneggiatori siano partiti con la buona volontà di voler realizzare davvero qualche cosa di nuovo, però si sono incartati subito e alla prima difficoltà, invece di tornare saggiamente sui propri passi per vedere quale ingranaggio non funzionasse, hanno continuato con la consapevolezza che ormai il danno era fatto e non rimediabile. Giri a vuoto estenuanti, personaggi monodimensionali, non sense gratuito e giustificato dalla solita méta testualità, twist finale che non ha alcuna logica percepibile dall’intelletto umano. Unica magra consolazione: i personaggi parlando tra di loro e con lo spettatore, ribadiscono che la storia in cui si trovano ad agire è una “puttanata” e quello a cui lo spettatore assiste è un “filmaccio di serie B, mal scritto e interpretato da cani”…almeno ne sono consci! Anche se questa consapevolezza di risultati fa riflettere sull’utilità finale dell’operazione. Ciliegina su questa torta andata a male causa ingredienti scaduti è il tanto sbandierato livello di efferatezze. Guardando il trailer e ricordando “Broken” potremmo pensare chissà quale amenità da deviati ci aspetterà in “La sedia del diavolo”, ma ricordate la busta sorpresa! Il film in questione è colmo di “finta” violenza, il classico tanto rumore per nulla che lascia a bocca asciutta. Oddio, lo sciroppo d’amarena (è un film a basso budget, quello di glucosio costava troppo) abbonda, ma si utilizza l’espediente di gettare il liquido rosso a secchiate sugli attori e sul pavimento, così che tutto appaia sanguinoso, ma alla fine gli omicidi avvengono tutti fuori campo, non c’è una feritina che sia una, ne un taglietto o un bernoccolo, solo qualche urlo o gemito per simulare la sofferenza. Una sòla di quelle che non si incontravano da tempo.

Où Regarder

Louer

Apple TV Apple TV
Amazon Video Amazon Video
Rakuten TV Rakuten TV

Acheter

Apple TV Apple TV
Amazon Video Amazon Video
Rakuten TV Rakuten TV