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EL REGRESO

The Return

2006 US
noviembre 10, 2006

Joanna Mills (Sarah Michelle Gellar), una joven mujer de negocios, comienza a tener pesadillas sobre un asesinato ocurrido 15 años atrás. Joanna ha logrado tener éxito en su vida profesional, aunque en su vida personal las cosas no le han ido demasiado bien, con pocos amigos, alejada de su padre (Sam Shepard) y acosada por su obsesivo ex-novio (Adam Scott). Decidida a esclarecer las constantes visiones sobrenaturales que sufre, Joanna comienza a investigar con la esperanza de que sus terribles pesadillas desaparezcan...

Directores

Asif Kapadia

Reparto

Sarah Michelle Gellar, Peter O'Brien, Adam Scott, Kate Beahan, Sam Shepard, J.C. MacKenzie, Wally Welch, Brad Leland, Darrian McClanahan, Erinn Allison
Dramma Horror Thriller
HMDB

RESEÑAS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Joanna Mills si è spinta fino in Texas per portare a termine un contratto di vendita per la società per cui lavora. Non appena la ragazza rimette piede in quei luoghi in cui ha passato la sua infanzia cominciano ad accadere cose strane: i suoi occhi cambiano improvvisamente di colore, a volte le capita di non riconoscere la sua immagine nello specchio e inoltre ha frequenti visioni che hanno protagonista una donna mai vista prima. Convinta di essere in qualche modo collegata alle sue visioni, Joanna comincia a indagare e si spinge fino a La Salle, un paesino di campagna patria della donna che affolla la sua immaginazione, fino a scoprire che quella stessa donna è stata assassinata molti anni prima. Ma ora il suo assassino sembra essere interessato proprio a Joanna. Il cinema horror americano sembra ormai aver capito la lezione orientale puntando molto sull’atmosfera e sulle tematiche metafisiche-soprannaturali. In questi ultimi anni i remake di film di culto orientali si sono e si stanno succedendo con una velocità che ha del preoccupante, e tentativi come “L’incubo di Joanna Mills”, in cui non si cerca di clonare vuotamente una pellicola già esistente, andrebbero lodati per il solo fatto di essere delle opere originali. Però come si fa a lodare un film come “L’incubo di Joanna Mills”? Partiamo da una premessa. “L’incubo di Joanna Mills” ha due punti a suo favore molto importanti: prende spunto da una tematica non troppo originale ma interessante e poco sfruttata dal cinema dell’orrore (che in questa sede non verrà rivelata per non rovinare la sorpresa a chi non ha visto il film); è stato realizzato con una perizia tecnica molto apprezzabile. Purtroppo però tutto si ferma qui, e perfino la tematica attorno a cui ruota il film, in fin dei conti, è stata sfruttata molto male. Il ritmo che accompagna la pellicola è decisamente troppo lento, quasi soporifero: l’intero film è una lunga indagine della protagonista che tenta di scoprire il perché delle sue visioni, ma non c’è dinamicità nelle sue esplorazioni e nelle sue ricerche; il tutto precede piattamente, come se l’intera storia sia stata diluita in funzione della rivelazione finale. Lo stesso colpo di scena è piuttosto prevedibile e perfino la spiegazione finale lascia più di qualche dubbio nella mente dello spettatore, dato probabilmente da qualche effettivo buco di sceneggiatura che non permette al tutto di riassemblarsi con troppa logica interpretativa. Ma quello della sceneggiatura è un problema che non si ferma alla sola presenza di buchi sparsi qua e là, ma si può notare anche una eccessiva superficialità con cui sono stati descritti i vari personaggi. La protagonista, interpretata da una bruna e disorientata Sarah Michelle Gellar (“Buffy”; “So cosa hai fatto”), è una ragazza seria e ligia al dovere, che si ritrova improvvisamente catapultata in una situazione che non comprende. Ma il modo in cui affronta la difficoltà non appare troppo credibile poiché di fronte ad eventi che sfociano nel soprannaturale il suo personaggio si trova a reagire con una innaturale indifferenza, incrementata poi dall’interpretazione davvero troppo distaccata dell’attrice. Meglio stendere un velo pietoso sul coprotagonista Peter O’Brian (“Incubi e Deliri”), che interpreta un omaccione rude ma dal cuore d’oro che ha preso la compagna da decenni e non solo è ancora tormentato dal ricordo dell’amata, ma all’epoca fu anche accusato della sua morte; un tizio in stile “La casa nella prateria” che è impersonato (malissimo) da un attore fin troppo inespressivo. Altrettanto dimenticabile è il “gran cattivo” della vicenda, un redneck privo di qualunque motivazione/delineazione psicologica, interpretato da J.C. McKenzie (“C.S.I”, “24”). Il regista inglese Asif Kapadia (“The Warrior”) svolge diligentemente il lavoro su commissione, aiutato indubbiamente dalla suggestiva e adattissima fotografia di Roman Osin, che riesce a rendere le assolate campagne texane gelide e inquietanti, grazie all’utilizzo di colori freddi e cinerei. Insomma, un filmetto dal ritmo del tv movie che si riesce a dimenticare tranquillamente subito dopo la visione. Consigliato se si soffre di insonnia.

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