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HOUSE OF VOICES

Saint Ange

2004 FR
June 23, 2004

In 1958, in the French Alp, the young servant Anna Jurin arrives in Saint Ange Orphanage to work with Helena while the orphans moved to new families. Anna, who is secretly pregnant, meets the last orphan, Judith, left behind because of her mental problems, and they become closer when Anna find that Judith also hear voices and footsteps of children.

Directors

Pascal Laugier

Cast

Virginie Ledoyen, Lou Doillon, Catriona MacColl, Dorina Lazăr, Virginie Darmon, Jérôme Soufflet, Marie Herry, Eric Prat, Marin Chouquet
Drama Horror Mystery
HMDB

REVIEWS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Anni ’60. Anna, una ragazza incinta, viene assunta per fare le ultime pulizie nell’orfanotrofio di Saint Ange, prossimo alla chiusura. Oltre a lei, gli unici abitanti dell’edificio sono una cuoca e Judith, una ragazza orfana che è cresciuta a Saint Ange e che è affetta da disturbi mentali. Al suo arrivo, Anna era stata avvertita da una bambina di fare attenzione ai “bambini che fanno paura” e ben presto la ragazza sarà testimone di strane apparizioni e inquietanti rumori. Dopo alcune indagini, Anna scoprirà che l’orfanotrofio, in passato, è stato luogo di misteriosi decessi di bambini. Ma perché queste inquietanti presenze popolano ancora il mondo dei vivi? Cavalcando l’onda del successo internazionale delle ghost stories, anche i francesi intraprendono la ( quasi )facile via di questo sfruttatissimo filone horror. I modelli sono naturalmente i classici britannici e statunitensi come “Suspance” e “Gli invasati”, ma in “Saint Ange” si respira più che altro un clima opprimente e inquietante più vicino al gusto moderno, di cui sono rappresentati i recenti lavori della scuola spagnola ( da Balaguerò a Plaza ), senza tralasciare l’esenziale “The others” da cui trae l’atmosfera rarefatta e la particolare raffinatezza estetica. Dunque “Saint Ange” non ha nulla di nuovo da mostrare allo spettatore: c’è l’essenziale edificio infestato, sapientemente reso inquietante da un’ottima fotografia che alterna la freddezza e l’asetticità ai colori caldi dell’ambientazione autunnale; ci sono segreti celati nel passato che irrimediabilmente riaffioreranno a tormentare le menti ( e i corpi ) di coloro che abitano il presente; e ci sono loro, i bambini, ormai presenza fissa in ogni ghost movie che si rispetti. Purtroppo i colpi di scena legati ai “segreti” che nasconde Saint Ange, sono prevedibili e non posseggono un particolare mordente degno di essere ricordato; inoltre le presenze che infestano l’orfanotrofio si manifestano raramente e in modo poco inquietante ( escludendo il riuscito prologo ), lasciando l’amaro in bocca nello spettatore che sperava di lasciarsi travolgere da qualche sano brivido. Una nota positiva è rappresentata dalla caratterizzazione dei personaggi principali, rappresentati da Anna ( una bellissima Virginie Ledoyen ) e l’instabile Judith ( una brava Lou Dillon ): la prima è una ragazza giovane ma carica di esperienza, rimasta incinta dopo un misterioso evento ( ma da alcuni brevi flashback si può intuire uno stupro di gruppo ) che tenta in ogni modo di mascherare il suo peccato, ritenuto tale da una società bigotta riflesso della periferia europea del dopoguerra; la seconda è un individuo astratto, corpo da ragazza e mente da bambina, vantaggio della conoscenza e inconsapevolezza di possederla. L’aspetto tecnico e formale del film è incontestabile: già citata la suggestiva fotografia, ma altrettanto valido è il montaggio e le musiche, apprezzabile anche la regia dell’esordiente Pascal Laugier, autore anche della sceneggiatura; quest’ultima però non soddisfa, poiché a passaggi poco chiari, che avrebbero meritato un maggiore approfondimento, si alternano passaggi poco fluidi che rallentano bruscamente il ritmo del film, facendolo risultare, soprattutto nella parte centrale, eccessivamente lento. Il risultato è indubbiamente gradevole, ma dalle premesse si ci poteva e doveva aspettare qualche cosa in più, invece “Saint Ange” si perde anonimamente nell’ormai affollato settore dei ghost movies.