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SHIVER, L'ENFANT DES TÉNÈBRES

Eskalofrío

2008 ES
février 8, 2008

Santi, un adolescent de 16 ans, est atteint d'une maladie qui le rend très sensible à la lumière. Avec sa mère, ils quitte donc Barcelone pour s'installer au Nord de l'Espagne. Mais bientôt des phénomènes très étranges se produisent dans les bois situés à proximité de la demeure : des bêtes sont tuées, et bientôt c'est un ami de Santi qui est retrouvé mort. Santi est vite suspecté...

Réalisateurs

Isidro Ortiz

Distribution

Junio Valverde, Blanca Suárez, Jimmy Barnatán, Mar Sodupe, Francesc Orella, Roberto Enríquez, Josep Maria Domènech, Paul Berrondo, Ariadna Cabrol, Laia Alemany
Horreur Thriller
HMDB

CRITIQUES (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Santi è un adolescente dal comportamento turbolento e sofferente di una rarissima malattia che lo costringe a star lontano dalla luce del sole. Santi vive solo con la giovane madre e frequenta i corsi scolastici serali, ma sotto consiglio dello specialista che lo sta seguendo, si trasferisce con la genitrice in un villaggio a nord immerso in una vallata e circondato dalla foresta, dove il sole batte solo per poche ore al giorno. Giunto nella nuova abitazione, il ragazzo deve vedersela con la difficoltà di ambientarsi in un nuovo luogo e soprattutto con i problemi relazionali dati dalla sua particolare situazione salutare. Come se non bastasse, nei boschi cominciano ad avvenire strani omicidi che pare siano compiuti da un essere non umano che dissangua le sue vittime; i sospetti dettati dalle superstizioni cadono immediatamente proprio su Santi. La Spagna è indubbiamente una della realtà orrorifiche mondiali più varie e valide dell’attuale panorama cinematografico. Merito di Julio Fernandez e la sua Filmax, che a inizio anni 2000 ha rilanciato la tradizione dell’horror spagnolo permettendo a novelli “masters of horror” come Jaume Balaguerò e Paco Plaza di farsi conoscere, e merito di Guillermo Del Toro e del suo contributo – produttivo e registico – a dare visibilità e credibilità artistica al fantastico. Ovviamente, come in ogni panorama mediamente vasto, con il crescere del numero di produzioni cresce anche la possibilità di trovare bufalette e bufalotte cinematografiche che tendono a smentire ogni esaltazione qualitativa di questa o quella cinematografia. Fortunatamente la Spagna per ora ha “limitato i danni”, almeno per quanto riguarda le opere che hanno avuto una distribuzione più corposa, ma non sono mancate le delusioni come nel caso di “Eskalofrìo”, ribattezzato con titolo anglofono “Shiver”. Il film di Isidro Ortiz, che si era fatto conoscere con “Fausto 5.0”, è un’opera particolare, un film molto convenzionale e dalle chiare influenze dal cinema americano che allo stesso tempo tenta di seguire un percorso personale e potenzialmente interessante. Purtroppo, però, “Shiver” è un continuo “vorrei ma non posso” ed è indubbiamente danneggiato da un soggetto che non ha minimamente idea di dove voler andare a parare. Le premesse costruite da questo film sono ottime. Il prologo, con l’incubo del giovane Santi ossessionato dalla sua condizione di fotofobico che lo rende simile a un vampiro è di quelli che fanno ben sperare. Ma è un po’ tutta la fase iniziale che convince, grazie a un’atmosfera rarefatta e all’approfondimento sulla condizione problematica del ragazzo, ghettizzato dai sui coetanei oltre che da se stesso per questa sua diversità. Quando cominciano gli omicidi la situazione verte verso l’horror puro, calando anche il sospetto di una schizofrenia da parte di Santi, pista immediatamente abbandonata con l’entrata in scena dell’essere mostruoso. E qui cominciano i problemi. L’hight concept che sembrava essere alla base di “Shiver” si trasforma, la pista iniziale introspettiva viene abbandonata a favore dello spavento facile e qualche efferatezza, che mai quanto questa volta sembra stonata e inserita solo per sollevare l’attenzione dello spettatore. Paradossalmente, con l’entrata in scena del mostro e lo svilupparsi dell’azione, il film diventa più noioso, si fa ripetitivo e si sviluppa in continue e lunghe passeggiate notturne nei boschi. Con l’avviarsi verso la conclusione e lo svelamento del mistero il film crolla definitivamente e qui ci rendiamo conto di quanto fosse esile e forse neanche ben definito il soggetto, peggiorato da una sceneggiatura scritta a 12 mani (!) che da un senso di confusione e indecisione generale al racconto. Le spiegazioni con pseudo colpo di scena finale sono troppo campate per aria e per nulla credibili, tanto che a fine visione si ha la convinzione che forse sarebbe stato meglio procedere verso un meccanismo di omissione totale di spiegazioni, lasciando il mistero indefinito. La confezione del prodotto, di contro, è ottima, con una fotografia (di Joseph M. Civit) bellissima e suggestiva che va a valorizzare le location naturali, immergendo in toni cupi e freddi boschi e strade cittadine. Buono anche il lavoro del cast, in cui la mamma Mar Sodupe (“Atomik Circus”) supera il figlio Junio Valverde (“La spina del diavolo”). Sicuramente vedibile e comunque commerciale al punto giusto da trovare il gradimento delle masse, “Shiver” presenta però troppi difetti di scrittura per essere apprezzato in pieno e alla fine rende la sensazione di un’occasione mancata.

Bande-annonce