AC
Alessandro Carrara
•
New York, oggi. Telly Beretta è una donna infelice: suo figlio è morto da più di un anno ma non riesce ancora a superare il dolore della perdita. Pur essendo in cura presso uno psichiatra, i ricordi stanno minando tutta la sua esistenza, in particolare il rapporto con suo marito, fino a quando un giorno inizia a soffrire di strane amnesie e scopre che il suo bambino è scomparso da tutte le foto presenti in casa.... All’inizio accusa il marito, ma poi si accorge che in realtà tutti quanti, incluso il suo analista, sono convinti che lei abbia una visione distorta del passato: pare infatti che Terry non abbia mai avuto un figlio, e che sia in cura per guarire le sue tormentose allucinazioni… Quando sullo schermo compaiono i titoli di coda, si vuole già dimenticare questa pellicola appena vista: i soliti clichè del genere “thriller sovrannaturale a sfondo psicologico che sfocia nel fantascientifico” ci sono tutti, triti e ritriti: la protagonista che sola intuisce la realtà ma che viene presa per pazza, gli agenti del servizio segreto appartenenti a una sezione più segreta delle altre, la tenente di polizia sveglia che dovrebbe mettere in galera la protagonista ma che intuisce che c’è sotto qualcosa e si mette contro i federali ( più per ragioni di maglia che altro:”A New York la legge sono io!”), lo psicanalista di cui non ci si può fidare, le presenze sovrannaturali impalpabili, i complotti governativi con alieni in combutta per fare esperimenti sugli umani… tutto come al solito, insomma. Il risultato è una puntata di “X Files” mischiata a uno di quei thriller psicologici che dovrebbero far paura ma che in realtà fanno assonnare: un copione prevedibile, situazioni improbabili, dialoghi in certi punti risibili ed errori di sceneggiatura evidentissimi (i responsabili della cospirazione sono in grado di manipolare le menti, lo spazio e il tempo: sono praticamente onnipotenti, ma che fanno? Quando devono modificare una camera mettono una nuova carta da parati! E non fanno neanche il lavoro bene…). L’unico modo per mantenere alta la tensione dello spettatore sono i noiosissimi rumori bianchi, che in sala risultano assordanti, assicurando quindi il sobbalzo (meglio, il rimbalzo) dello spettatore. In realtà, questi trucchetti negli ultimi anni sono stati usati e abusati, e ormai hanno dello stucchevole; nemmeno la presenza di una grande attrice come Julianne Moore, capace di dare in molti momenti un’interpretazione oggettivamente notevole, riesce a sollevare la pellicola dagli abissi della noia. Azzeccato anche il personaggio del padre ex giocatore di hockey alcolizzato, e, a parte i poliziotti macchietta (i soliti federali che a ogni cosa rispondono “sicurezza nazionale”, visti e rivisti), il film non può considerarsi male interpretato: ma quando il soggetto è pessimo, ogni sforzo positivo viene vanificato. In effetti il film si basa sulle paure ataviche dell’americano medio: l’essere controllati dall’alto (famose le polemiche sui satelliti spia che riprenderebbero i cittadini americani), l’essere continuamente intercettati, manipolati da forze superiori contro cui è impossibile opporsi, cospirazioni varie o governative o aliene o in società con partecipazione di entrambi…moltissimi film hanno affrontato queste tematiche negli ultimi trent’anni… uno in più si poteva risparmiare! In conclusione un film davvero mediocre, noioso, scontato e con una sola sequenza interessante (l’incidente, anche se totalmente irrealistica…gli airbag non si aprono e l’urto avrebbe dovuto almeno stordire gli occupanti, che invece se la filano come se niente fosse) e pervaso da un senso di deja vù fastidioso, insomma assolutamente da evitare se si può.