Tetsuo backdrop
Tetsuo poster

TETSUO

鉄男

1989 JP
juillet 1, 1989

Après un accident d'automobile, un homme voit son corps muter en une sorte d'aimant ramassant tous les détritus métalliques de la société. Film phare du jeune cinéma underground japonais.

Distribution

Tomorowo Taguchi, Shinya Tsukamoto, Kei Fujiwara, Nobu Kanaoka, Naomasa Musaka, Renji Ishibashi
Horreur Science-Fiction
HMDB

CRITIQUES (1)

LP

Luca Pivetti

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Un uomo, feticista del metallo, si inserisce in una gamba un tubo d’acciaio: da quel momento il suo corpo comincia una mutazione che lo porterà a diventare un essere totalmente nuovo, un connubio di carne e metallo che porterà sangue e distruzione. Recensire un lavoro del calibro di “Tetsuo” è un’impresa ardua se non impossibile, ai limiti del masochismo. Perché “Tetsuo” non è un film: il lavoro di Shinya Tsukamoto è una pallottola sparata a distanza ravvicinata che va ad attecchire dritta nel cervello, e in un perenne moto rotatorio continua a viaggiare per la scatola cranica dello spettatore, rilasciando velocemente il veleno al suo interno che completerà l’opera di annichilimento della mente. “Tetsuo”, ancor prima di essere un film, è in primo luogo un esperimento, perché non solo è un lavoro sulla “mutazione” senza parlarci effettivamente di nulla (non esiste trama, non troviamo un chiaro dipanarsi di eventi), ma è esso stesso “mutazione”, “infezione”, “cambiamento”: impossibile dunque catalogare o inserire l’opera di Tsukamoto all’interno di un filone (anche se si dirà che siamo di fronte al manifesto del “Cyberpunk”) perché in primo luogo “Tetsuo” è un connubio indissolubile di stili ed influenze mescolati a livello genetico-molecolare. Troviamo echi lynchiani, ossessioni cronenberghiane sulla nuova carne e sul potere dei media (“Videodrome”) portate alle estreme conseguenze, montaggio da videoclip, monster-movie giapponesi, samurai (post)postmoderni urbani con tubi metallici al posto delle Katane ed estetica “Manga” mescolati assieme in maniera certosina senza che sia possibile riuscire a capire dove finisca un’influenza ed inizi la successiva. Il tutto ovviamente sparato a velocità folle, spesso iper-velocizzato, quasi ci si trovasse dinnanzi ad un bombardamento di frame accompagnato da una sinfonia di clangori metallici, tappeti ritmici di ingranaggi ed urla agghiaccianti. Osservando “Tetsuo” ci si trova di fronte ad un lavoro che non ha precedenti nella storia del cinema, un film che è in primis “Altro”, “Novità”, “Punto di Rottura” nel suo voler schockare ed essere estremo solo per il gusto di esserlo. In questo delirio di tecnologia, carne, sangue, violenza e sesso (presente in dosi massicce, che verrà poi lasciato da parte in “Tetsuo 2-Body Hammer”), Tsukamoto però è in grado di veicolare un messaggio, anche perché siamo di fronte al classico esempio di come la “forma” vada a coincidere con il “contenuto”: Tsukamoto ci sta dicendo che stiamo facendo troppo affidamento sulla tecnologia e sui mass-media, che l’opera d’infezione del metallo con la nostra carne è già iniziata da tempo e noi non ce ne siamo neanche accorti. Ormai non siamo nemmeno in grado di riconoscere la realtà dalla finzione televisiva. Quello che scaturisce dal tubo catodico ha la stessa valenza del reale, o forse il reale è in grado di acquisire questo status solo nel momento in cui è confermato dalla televisione. Forse tutte e due le cose. Questo messaggio, che ci dimostra come Tsukamoto nel 1989 la vedesse lunga, è attuale come non mai e trova come sfondo una città mostrata in maniera frenetica, spezzettata, quasi fossero schegge impazzite di una metropoli troppo grande e spaventosa per essere ripresa per intero, perché anch’essa specchio del progresso smodato dell’essere umano. La messa in scena segue la follia del messaggio/contenuto: la regia è psicotica e schizzata, il montaggio ipercinetico, i movimenti della macchina da presa nervosi e spesso l’estetica da videoclip (diversissima comunque da quella dei vari “Saw” che imperversano oggi) rende il tutto ancora più concitato e difficilissimo da seguire anche perché, spesso e volentieri, si procede per un accumulo di immagini quasi si trattasse di un autentico lavaggio del cervello. Un’opera difficilissima da seguire e da assimilare, ma d’un fascino più unico che raro all’interno della cinematografia Estrema (con la E maiuscola), che cattura a livello subliminale e che attecchisce nel cervello dello spettatore, senza più lasciarlo; un lavoro potente e visionario (spesso questa parola viene utilizzata a sproposito, ma qui appare più che mai giustificata) che lascia basiti per ricchezza di contenuti nonostante l’ermetismo delle scelte del regista. “Tetsuo” è un film estremo in ogni sua singola sfaccettatura e che proprio per questo non ammette compromessi e mezze misure: o lo si ama o lo si odia. E qual’ora lo si amasse, non si tratta di una pellicola da inserire nel lettore dvd per passare poco più di un’ora piacevoli davanti allo schermo; “Tetsuo” è un film che necessita la giusta predisposizione mentale dello spettatore ogni volta che si decide di vederlo, perché non si tratta di una visione piacevole, almeno non nella maniera che siamo portati ad intendere nella vita di tutti i giorni. “Tetsuo” è un’esperienza estenuante, frastornante, dalla quale, se si sopravvive, se ne esce cambiati, infettati, mutati. Spesso, in casi come questi, si dice “Per molti, ma non per tutti”. Con il film di Tsukamoto non vale neanche questo detto: “Tetsuo non è né per molti, tanto meno per tutti…è davvero per pochissimi”. Meriterebbe mezza zucca in più.

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