Il "Sogno Americano" s'infrange malamente quando gli abitanti di una deliziosa e pacifica cittadina cominciano a cedere uno a uno ad un'incontrollabile sete di violenza che porterà a terribili spargimenti di sangue e all'anarchia più totale. Nel vano tentativo di fermare l'epidemia, l'esercito ricorre a misure drastiche bloccando l'accesso e l'uscita dalla città e abbandonando i pochi cittadini ancora immuni al crescente caos, mentre gli assassini si nascondono nell'ombra. Lo sceriffo David Dutton, la moglie incinta Judy, la sua assistente all'ospedale Becca e Russell, vice e braccio destro dello sceriffo Dutton, si ritrovano intrappolati in quella che una volta era una cittadina idilliaca, ma che non riconoscono più. Nell'impossibilità di fidarsi di vicini e amici, abbandonati dalle autorità e terrorizzati dall'idea di contrarre a loro volta la malattia, saranno costretti ad allearsi in una battaglia da incubo per la sopravvivenza.
In una tranquilla cittadina rurale del Mid West statunitense scoppia improvvisamente una strana epidemia che rende i contagiati dei pazzi assassini. La colpa di tutto ciò è una tossina trasportata su un velivolo militare precipitato vicino all’acquedotto che rifornisce d’acqua la città. Lo sceriffo David Dutton, sua moglie incinta Judy, la giovane infermiera Becca e il vice sceriffo Russell sono tra i pochi rimasti ancora immuni al contagio e cercano di trovare una via di fuga dalla città, che nel frattempo è stata messa in quarantena e presa d’assedio dai militari che, per attuare una strategia di contenimento, stanno sterminando tutti i cittadini, senza far distinzione tra contagiati e sani.
“La città verrà distrutta all’alba” versione 1973 è un film che, pur non figurando tra i più riusciti di George Romero, ha comunque fatto scuola. Non si trattava di un horror tout court, come del resto il papà di “La notte dei morti viventi” aveva già voluto sperimentare con la sua pellicola precedente “La stagione della strega”, bensì un anomalo dramma d’azione contaminato di suggestioni fantascientifiche. Il suo merito più grande fu quello di donare un punto di vista e uno stile inedito al filone cinematografico dei ‘contagi’, rendendolo meno asettico dei predecessori e dotandolo di una cattiveria e scorrettezza difficilmente rintracciabili nei film appartenenti a questo genere: in pratica si dava una virata exploitativa a un genere di pellicole che spesso e volentieri appartenevano al cinema mainstream hollywoodiano. Il successo non fu dei più
memorabili nella carriera di Romero, eppure “La città verrà distrutta all’alba” è stato copiato e citato innumerevoli volte nel cinema di genere che lo ha seguito, da “Incubo sulla città contaminata” a “Planet Terror” passando per il vero clone “28 giorni dopo”, fino all’inevitabile remake che è giunto puntuale nel 2010 diretto da Breck Eisner, proprio nel momento in cui a Hollywood vige la regola del ‘tutto fa brodo’ quando si parla di rifacimenti horror.
Però siamo qui lieti di salutare “La città verrà distrutta all’alba” versione 2010 come un ottimo remake, una pellicola ben realizzata e con diversi punti a favore, tanto da risultare complementare piuttosto che sostituitivo al film originale. Il primo esempio comparativo che viene alla mente parlando di questo film in rapporto al prototipo è “L’alba dei morti viventi”, altro remake di ispirazione romeriana e altra ottima pellicola. Nel film di Eisner, così come nel film di Snyder, si intuisce di aver trovato la strada giusta per ri-
raccontare la storia già nota allo spettatore e lo si fa non replicando per filo e per segno la pellicola d’origine, ma prendendone semplicemente spunto, partendo da simili premesse per portare poi in scena uno sviluppo completamente differente. Sembra quasi che la cittadina colpita dall’epidemia raccontata nel film di Eisner non sia la stessa in cui si ambientava l’opera di Romero, ma piuttosto un paese vicino, magari quello confinante che si scorge in una scena del film; così come i protagonisti non sono affatto gli stessi anche se hanno uguale nome di battesimo, poiché fanno cose diverse, si comportano in modo diverso, hanno psicologie profondamente differenti e la difformità non è dettata solo dall’epoca in cui i film sono stati prodotti, ma da una vera e propria voglia di cambiare completamente le carte in tavola.
Innanzitutto il nuovo “La città verrà distrutta all’alba” ha il pregio di una sceneggiatura – opera di Scott Kosar (“Non aprite quella porta”; “L’uomo senza sonno”) e Ray Wright (“Pulse”; “Case 39”) – che introduce importanti variazioni che hanno un effetto immediato sull’efficacia del film. I ‘pazzi’ sono protagonisti di molte scene, tutte riuscitissime e capaci di rimare ben impresse nella mente dello spettatore per la carica di tensione ansiogena che riescono a generare; dunque si rimedia a quella mancanza che la pellicola originale aveva, la messa in scena del pericolo dato dai contagiati. Inoltre qui si decide di
eliminare il punto di vista scientifico e tutti quei personaggi ‘senzienti’ che nel film di Romero incorporavano la controparte governativa dell’affollata schiera di protagonisti: Kosar e Wright si concentrano sui cittadini non contagiati, danno pochissime informazioni sulla causa e lo sviluppo dell’epidemia e trasformano i militari in veri e propri mostri di spietatezza, privi di parola e di morale, oltre che di un volto. Delle nemesi quasi più romeriane di quelle portate in scena dallo stesso Romero, che qui incarnano un sentimento di antimilitarismo estremo.
Insomma convince un po’ tutto di questo film, perfino la delineazione caratteriale dei personaggi e soprattutto del trio sceriffo-vice-dottoressa. Il primo, interpretato da Timothy Olyphant (“Die Hard – Vivere o morire”; “Hitman”), è un uomo profondamente sconfortato dal clima provinciale che lo circonda, un uomo che non si sente realizzato ma intrappolato da una realtà rurale inadeguata alle sue aspirazioni, il classico pesce grande intrappolato in una pozza d’acqua. Il suo vice, Russell, interpretato da Joe Anderson (“Across the Universe”; “Rovine”), è invece un uomo semplice, un amico leale fino all’ultimo, probabilmente incarnazione dei valori del locus amoenus paradossalmente mal sopportati da David. Poi c’è Judy, che ha il volto della sempre brava Radha Mitchell (“Silent Hill”; “Il mondo dei
replicanti”), moglie di David, da cui aspetta un bambino, e unico dottore del paese, donna forte e determinata anche se lontana dalla ‘solita’ eroina da film horror a cui siamo abituati. Non pervenuto, invece, il personaggio di Becca, interpretata da Danielle Panabaker (“Mr. Brooks”; “Venerdì 13”), classica statuina in balia degli eventi messa lì evidentemente solo per far numero.
Stranamente “La città verrà distrutta all’alba” non segue la moda splatter degli ultimi anni e, pur vantando una serie di scene violente dal grande impatto visivo ed emotivo, preferisce puntare più sulla costruzione della tensione piuttosto che sullo splatter gratuito.
Uno dei remake più riusciti dell’immensa ondata post 2000.
Curiosità. L’attrice Lynn Lowry, che nel film del 1973 interpretava Kathy, la ragazzina che lentamente impazzisce accompagnata dal padre incestuoso, compare anche in questo remake nel fugace ruolo della inquietante donna in bicicletta che attraversa le strade deserte della città sotto lo sguardo dello sceriffo.