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Roberto Giacomelli
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Mike Enslin è uno scrittore che si occupa da alcuni anni della compilazione di guide sui luoghi infestati d’America. Cinico e scoraggiato dalla vita, Mike viene a sapere che a New York, nel lussuoso Dolphin Hotel, c’è una stanza maledetta, la 1408, in cui sono avvenuti un numero incredibile di decessi. Si dice che coloro che sono entrati in quella stanza non sono riusciti a sopravvivere più di un’ora. Malgrado le ammonizioni del direttore del Dolphin, Mike è comunque intenzionato a passare la notte nella 1408.
Periodicamente il cinema americano sente il bisogno di attingere dalla prolifica bibliografia di Stephen King per mettere in scena adattamenti da romanzi e racconti che parlano di incubi, paranoie e paure umane. L’ultima riduzione dal “Re” del Maine è “1408”, una ricca produzione Dimension tratta dall’omonimo racconto (breve) contenuto nell’antologia “Tutto è fatidico” (e precedentemente pubblicata, sotto forma di bozza, nell’autobiografia “On writing”).
“1408” non è un tipico film “kinghiano”, ad esclusione della professione esercitata dal protagonista (vera costante autobiografica di molta letteratura firmata King), non si respira affatto l’atmosfera cara ai racconti dell’autore, fatta di
ossessioni infantili e intimistiche paure da città di provincia. In “1408” piuttosto si segue la linea della classica ghost story incentrata su un luogo infestato e si cerca di fare pressione soprattutto sull’aspetto psicologico della vicenda e sul passato tragico del protagonista.
L’inizio è molto promettente: il regista svedese Mikael Hafstrom (“Derailed – Attrazione fatale”; “Drowning Ghost”) mette subito in scena un John Cusack disilluso, cinico e dalla personalità tormentata; non è ben chiaro il motivo del suo pessimismo e si riesce a provare perfino uno strano senso di empatia per questo scrittore di paranormale fermamente convinto dell’inesistenza di fantasmi ed esseri soprannaturali. I primi quaranta minuti sono gestiti davvero ottimamente, grazie al duetto con Samuel L. Jackson, pignolo direttore d’albergo, e alle prime inquietanti manifestazioni del male che vive nella 1408. Nulla di nuovo, sia ben chiaro, ma la formula sembra funzionare a
meraviglia. Raggiunta la prima ora, però, il film comincia il suo veloce declino: la situazione si fa ridondante e la noia non tarda ad arrivare; si eccede visibilmente in situazioni paradossali e nell’utilizzo di effetti speciali; si tenta, inoltre, di trovare scappatoie narrative nelle soluzioni più banali e sfruttate dal cinema drammatico.
Dopo le prime inquietanti manifestazioni soprannaturali, rappresentate da semplici ma efficaci trucchi (oggetti che compaiono improvvisamente, elettrodomestici che si mettono in funzione da soli, doppi che si materializzano, etc.), si tende a dilatare all’inverosimile la situazione aggiungendo effetti su effetti, e così cominciano ad apparire i fantasmi dei precedenti inquilini, le crepe sui muri e tante altre trovate da “casa infestata” che sono chiaramente inseriti per allungare la pellicola che alla fine risulta perfino eccessivamente lunga. Inoltre, al
minimalismo di alcune trovate, capaci di catturare e inquietare lo spettatore, si aggiungono sul finale “effettoni” fatti di quadri animati, allagamenti, esplosioni, anomale nevicate “al chiuso”, che stonano decisamente con la suggestiva prima parte e si buttano più sul versante spettacolare, sicuramente non adatto alla vicenda. Anche la solita storia della tragedia familiare con morte della figlioletta, separazione dalla moglie e fantasmino della bambina sono ormai stati proposti e riproposti in mille salse e si possono considerare abusati, contribuendo a compromettere la riuscita del film.
C’è da dire che alcune scene sono di grande riuscita (basti pensare all’inquilino del palazzo di fronte e al tentativo di fuga fuori dalla finestra) e la messa in scena è in generale molto gradevole. Anche Cusack appare al meglio delle sue prestazioni e riesce a rendere il suo personaggio molto credibile e umano, così come è incisiva la presenza del sempre bravo Jackson, seppur in un ruolo molto marginale.
In definitiva “1408” appare un’operazione non molto riuscita. Da una buona premessa e da un primo tempo di ottima preparazione, si finisce per gonfiare a tal punto l’opera da spingerla all’esplosione, negando allo spettatore sia l’atmosfera che un horror richiede che la sottile inquietudine che il plot prometteva. Peccato.