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The Happening poster

THE HAPPENING

2008 US
June 11, 2008

When a deadly airborne virus threatens to wipe out the northeastern United States, teacher Elliot Moore and his wife Alma flee from contaminated cities into the countryside in a fight to discover the truth. Is it terrorism, the accidental release of some toxic military bio weapon -- or something even more sinister?

Cast

Mark Wahlberg, Zooey Deschanel, John Leguizamo, Ashlyn Sanchez, Betty Buckley, Spencer Breslin, Robert Bailey Jr., Frank Collison, Jeremy Strong, Alan Ruck
Thriller Science Fiction
HMDB

REVIEWS (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Al Central Park di New York le persone improvvisamente cominciano a compiere atti lesivi contro la propria persona, come una donna che si perfora il collo con lo spillone che le teneva raggruppati i capelli. Contemporaneamente in un cantiere gli operai si gettano giù dai ponteggi schiantandosi al suolo. Una misteriosa tossina, che sembra aver colpito il versante est degli Stati Uniti, sta inibendo lo spirito di sopravvivenza degli esseri umani e l’allarme terrorismo comincia a diffondersi su larga scala. Il professore di scienze Elliott Moore vive a Philadelphia, una delle città “a rischio”, e in seguito alla diffusione della notizia decide di abbandonare la città insieme alla moglie Alma e al collega Julian, che porta con se anche la figlioletta Jess. Il loro viaggio verso un posto “sicuro” naturalmente sarà costellato di difficoltà. M. Night Shyamalan è il regista dei colori. Ogni suo film è caratterizzato da una tonalità che emana particolari e ben precise sensazioni e veicola metafore. “Il sesto senso” è rosso, colore dell’adrenalina e dell’amore, il colore che torna strategicamente nelle scene di paura e nelle scene in cui Bruce Willis entra in contatto con la sua compagna. “Unbreakable – Il predestinato” è blu, un colore che veicola contemplazione, spiritualità e, secondo la cultura cinese, l’immortalità, la stessa che avvolge il supereroe Bruce Willis. “Signs” è verde, che vuol dire perseveranza, valore ben saldo, ma anche rabbia, veleno, invidia. La perseveranza alla vita che caratterizza la famiglia dell’ex pastore Mel Gibson e il valore morale che si traduce in riacquisizione della fede perduta, nonché la l’invidia verso il pianeta Terra degli alieni invasori e il gas velenoso che riescono a secernere. “The Village” è giallo, colore che corrisponde a una condizione di risveglio e libertà, stessa condizione verso la quale si dirige Bryce Dallas Howard (proprio di giallo vestita) nel suo viaggio attraverso il bosco. Infine l’azzurro è il colore di “Lady in the Water”, simbolo del mare e del cielo, i luoghi del bene, da cui provengono la ninfa Story e la profetica aquila dispensatrice di salvezza. “E venne il giorno”, ultima fatica del regista indiano, racchiude in se tutti i colori citati e ne aggiunge uno, il grigio. In “E venne il giorno”, il protagonista custodisce gelosamente un anello dell’umore, uno di quei gingilli dotato di una pietra che cambia colore in base all’umore di chi la indossa. La pietra è blu e anche gialla, diviene rossa e verde: paura, speranza, amore, veleno, tutto è mescolato e tutto è costantemente presente in questo anomalo eco-vengeance, a cui si aggiunge il grigio, colore della neutralità di chi preferisce isolarsi e distanziarsi da tutto e tutti, proprio come fanno i protagonisti di questa nerissima favola morale. “E venne il giorno” è un film difficile e allo stesso tempo scontato; è un film pregno di significati, come ormai consuetudine del regista, che stavolta riflette sulla condizione di completa vulnerabilità dell’essere umano, ma è anche un film cannibale che fagocita in appena 90 minuti molto cinema horror, fantascientifico e catastrofico degli ultimi 50 anni. Alla base di “E venne il giorno” c’è l’eco-vengeance alla “Gli Uccelli” (a cui deve tantissimo), la paura verso l’ambiente naturale e ciò di cui può essere capace: la sua imprevedibilità. Ma “E venne il giorno” è sostanzialmente anche un film di fantascienza, con diversi rimandi a “L’invasione degli ultracorpi” (la minaccia vegetale, le persone improvvisamente svuotate della propria volontà) e a tutta quella fantascienza catastrofica che ha affollato gli incubi degli americani durante gli anni della Guerra Fredda e che sta tornando in voga negli anni post 11 Settembre. Finendo inesorabilmente nell’horror più sanguigno e nelle situazioni d’assedio che rappresentano sia una citazione (“La notte dei morti viventi”) che una auto-citazione (“Signs”). Ciò che stupisce è proprio la disinvoltura con cui Shyamalan si confronta con scene truci di violenza esplicita, scene che gli hanno fatto guadagnare per la prima volta il divieto ai minori negli Stati Uniti. Il film ha un incipit molto simile al nostrano "Macchie solari", una serie di suicidi che culminano irrimediabilmente in spettacolarizzazione della violenza, come accade nella terribile scena dell'uomo sbranato dai leoni mostrata su in video-telefono e che in certo senso rimanda alla scena dell'apparizione dell'alieno alla festa in "Signs". Eppure questo sangue che zampilla e questi smembramenti, anche se danno vita ad alcune delle scene più riuscite del film, vanno contro la poetica del "suggerito" a cui il regista sembrava fermamente devoto, sminuendo così quell'aura di tensione costante che aleggiava sulle sue opere più riuscite. A detta dello stesso regista, ciò che sta alla base del suo film, e che fa più paura, è il fatto che le persone comincino a comportarsi in maniera opposta a come ci si aspetterebbe. Tutto comincia a funzionare al contrario nell'organismo di chi respira la tossina: si comincia a camminare all'indietro e poi si fa ciò che il nostro istinto di conservazione non ammetterebbe mai. Ma "l'agire al contrario" è anche uno dei meccanismi metanarrativi del film. Shyamalan realizza un b-movie (horror e catastrofico) con il linguaggio del cinema più autoriale, ma, come ben sappiamo, il cinema di genere ha delle regole ben precise e il regista indiano le capovolge. Per fare due esempi lampanti, in un film catastrofico le zone teatro della tragedia, e di conseguenza meno sicure, sono le grande città. In "E venne il giorno", anche se tutto comincia a New York, le città, con le classiche colate di cemento, sono molto più sicure che la zone rurali! Oppure nel genere horror, quando i personaggi si separano vanno solitamente incontro alla morte, nel film di Shyamalan lo stare da soli o in piccolissimi gruppi è invece uno dei fattori di salvezza. Insomma si nota che è stato condotto un minuzioso lavoro sulle meccaniche narrative. Però "E venne il giorno" ha anche alcuni difetti, che si concentrano soprattutto nella costruzione dei personaggi e nel modo in cui interagiscono tra loro. Lo script originale del film (che si intitolava "The Green Effect") prevedeva molte più scene che avrebbero anche approfondito le relazioni tra i personaggi, ma a causa di improvvise restrizioni sul budget e alcuni tagli sulla durata imposti dalla produzione, il film ha subìto alcune modifiche. Così abbiamo una coppia di protagonisti in crisi coniugale, una crisi che ha un grandissimo peso sull'evolversi delle psicologie degli stessi personaggi, ma che non ci viene adeguatamente sottolineata al di là di qualche battuta. Anche i personaggi di contorno sono fin troppo “di contorno” (basti pensare al Julian interpretato da John Leguizamo o ai due ragazzini che si uniscono al cammino dei protagonisti) e le loro uscite di scena appaiono spesso forzate. Per non parlare di personaggi incomprensibili come l'anziana signora che appare nel finale, che almeno si fa protagonista di una delle scene più ad alta tensione dell'intero film. Solitamente, poi, i film di Shyamalan hanno dei cast perfetti, ma stavolta non tutte le interpretazioni sono memorabili. Mark Wahalberg è un bravo attore, ma non è certamente all'altezza dei vari Willis, Gibson, Howard o Phoenix che hanno caratterizzato gli altri lavori del regista, mentre Zooey Deschanel ("Un ponte per Terabithia"), nel ruolo di Alma Moore, sembra costantemente spaesata. In conclusione, "E venne il giorno" è un altro fondamentale tassello nella filmografia di uno dei più interessanti e dotati autori della nuova generazione, un film che si lascia seguire con interesse e offre spunti di discussione, anche se i difetti ci sono (e sono evidenti) e non si riesce ancora ad eguagliare la grandezza dei primi lavori del regista. Merita mezzo voto in più. Curiosità. Shyamalan è solito fare delle piccole apparizioni nei suoi film (anche se in due casi - "Signs" e "Lady in the Water" - si è ritagliato ruoli piuttosto importanti), ma in "E venne il giorno" non compare fisicamente, ma si può ascolare solo la sua voce al telefono per un istante: è Joey, il presunto amante di Alma!

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