Young Frankenstein backdrop
Young Frankenstein poster

YOUNG FRANKENSTEIN

1974 US
December 15, 1974

A young neurosurgeon inherits the castle of his grandfather, the famous Dr. Victor von Frankenstein. In the castle he finds a funny hunchback, a pretty lab assistant and the elderly housekeeper. Young Frankenstein believes that the work of his grandfather was delusional, but when he discovers the book where the mad doctor described his reanimation experiment, he suddenly changes his mind.

Cast

Gene Wilder, Peter Boyle, Marty Feldman, Madeline Kahn, Cloris Leachman, Teri Garr, Kenneth Mars, Richard Haydn, Liam Dunn, Danny Goldman
Comedy
HMDB

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Francesco Chello

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Il dottor Frederick Frankenstein è il nipote del celebre Barone Victor, del quale, a causa dell’infausta reputazione, rinnega addirittura la parentela arrivando a cambiare il proprio cognome in Frankensteen. Frederick viene convocato, suo malgrado, in Transilvania, nel castello del nonno, per il testamento. Qui scopre il fatidico manuale di istruzioni con cui poter ridare la vita ai morti e grazie al quale ha modo di ricredersi sulle teorie dell’illustre parente. Aiutato dal maldestro gobbo Igor e dalla avvenente Inga creerà un Mostro. Signori tutti in piedi. Qui si è al cospetto di un capolavoro del cinema comico, un capolavoro della parodia citazionistica. Come si potrebbe parlare, se non di un capolavoro immortale, di un film che da oltre 30 anni fa morire dal ridere migliaia di appassionati? Un film di cui mezzo mondo conosce a memoria le battute. Le cui battute, gag e scene, divenute assolutissimamente celebri, divertono allo stesso modo che sia la prima o la milionesima volta che lo si guarda. Un film in cui tutto è perfetto: regia, sceneggiatura, interpretazioni, tempi comici, scenografie, ambientazioni, costumi, musiche. Un capolavoro, appunto. “Frankenstein Junior” nasce da un’idea del futuro protagonista Gene Wilder, storia poi rifinita e perfezionata dal regista Mel Brooks. I due per la loro sceneggiatura riceveranno una nomination all’Oscar. Il film è un gioiello di citazionismo, perfezione assoluta dei dettagli e straordinaria raffinatezza di riferimenti. Tutta la vicenda trabocca di omaggi riverenti all’orrore delle origini, verso cui non si manca mai di rispetto, anzi, il regista, attraverso la citazione, dichiara tutto il sua affetto per un modo di fare cinema che non c’è più. Tutto quindi è ispirato ai film originali ad iniziare, chiaramente, dai personaggi: partendo dal dottor Frederick Frankensteen, cognome adottato dal personaggio nel suo iniziale rifiuto della scomoda parentela, interpretato da Gene Wilder; passando per Igor (da leggere Aigor), interpretato da Marty Feldman, chiaramente ispirato ai personaggi, entrambi contraddistinti da una vistosa gobba, di Fritz , l’assistente del primo “Frankenstein” interpretato da Dwight Frye, e di Ygor, l’amico del mostro interpretato da Bela Lugosi, presente nel terzo e quarto capitolo della serie; per arrivare infine ovviamente al Mostro interpretato da Peter Boyle. Ma anche personaggi secondari come l’ispettore Kemp, famosissimo per la sua protesi meccanica al braccio, parodia dell’ispettore Krogh presente nel terzo capitolo della saga. Citazionismo esteso all’aspetto tecnico come dimostra la scelta del bianco e nero, all’epoca una scelta considerata assurda e folle dagli studios con cui Brooks e Wilder hanno lottato (cambiando anche produzione) fermissimi nella loro decisione, una scelta che si rivelerà una delle tante chiavi del successo del film. Bianco e nero appunto come le pellicole a cui il film è ispirato, ovvero la saga di Frankenstein della Universal, che vide la luce, ed il grande successo, a cavallo degli anni 30/40 (da “Frankenstein” a “Bride of Frankenstein”, da “Son of Frankenstein” a “Ghost of Frankenstein”), e di cui il film vuole essere, come dicevamo, omaggio e non solo parodia. Vivremo quindi momenti di assoluto mimetismo dell'atmosfera d'epoca grazie allo stesso stile di inquadrature, di stacchi tra le varie scene, la stessa grana di pellicola, le stesse luci. E come non parlare della fedelissima ricostruzione di costumi, scenografie ed ambientazioni, assolutamente perfette? Basti pensare cha alcune scenografie sono quelle originali, come ad esempio quelle del laboratorio, realizzate da Kenneth Strickfaden per il “Frankenstein” del 1931, oppure che il castello in cui si svolge la vicenda è lo stesso in cui è stato girato il capolavoro di Whale. Il film è quella che si può considerare una parodia perfetta, la maggior parte delle scene, infatti, sono ispirate a scene presenti nei film della Universal: dalla scena del mostro con la bambina a quella dell’eremita cieco, dalla scena della partita a freccette a quella dello scambio finale dei cervelli, e tante altre ancora. Ogni minimo particolare nasce dai film omaggiati come ad esempio i gesti del Mostro/Peter Boyle, estasiato nell’udire la musica di violino, che ricordano quelli del grande Boris Karloff, oppure la pettinatura del personaggio di Elizabeth nella scena finale per la quale è stata utilizzata la parrucca indossata da Elsa Lancaster in “Bride of Frankenstein”. La pellicola è un insieme di gag e battute esilaranti, indimenticabili, citarle tutte equivarrebbe probabilmente a citare l’intera pellicola. Frutto di un grande script nonché del genio di Brooks, autore di una regia perfetta e di trovate memorabili, e della straordinaria performance dell’intero cast dal quale traspare evidente un’alchimia magica e vincente; basti sapere che il regista e cast erano talmente divertiti dall’esperienza che aggiunsero delle riprese allo scopo di aumentare i tempi di produzione. Del cast vanno citate naturalmente le straordinarie performance del trio Wilder, Feldman, Boyle. Gene Wilder ci regala un fantastico dottor Frankensteen il cui solo sguardo è follia allo stato puro; Feldman con il suo (A)Igor dalla gobba “mobile” (più volte durante il film la gobba cambierà spalla) ha creato un personaggio entrato nella Hall of Fame della risata. Boyle, nonostante un personaggio muto per la quasi totalità della pellicola, riesce con la sola espressività del viso e dei gesti a divertire più di tante battute. Ma bravi tutti, anche gli interpreti dei cosiddetti personaggi secondari: Teri Garr nel ruolo della bella assistente Inga, di cui ricordiamo la famosa battuta, a sfondo sessuale, sullo Schwanstuk; Cloris Leachman nel ruolo della domestica Frau Blücher il cui solo nome pronunciato crea puntualmente panico nei cavalli (Blücher in tedesco vuol dire beccaio, ovvero colui che macellava gli animali ndr); Madeleine Kahn nel ruolo di Elizabeth, la fidanzata di Frederick; Kenneth Mars nel ruolo di Kemp, il già citato capo della polizia locale dal braccio meccanico. Forse non tutti sanno che in cammeo compare il popolarissimo attore Gene Hackman, ovvero in una delle tantissime scene clou nei panni dell’eremita cieco. L’attore era amico di Brooks e Wilder che all’epoca gli parlarono del progetto facendogli leggere lo script desiderosi di un parere, Hackman ne fu talmente colpito da chiedere ai due una partecipazione, seppur piccolissima, ad ogni costo. Presagiva la grandezza dell’opera e voleva avere l’onore di prenderne parte…beh possiamo dire che non si sbagliava. Il film in questione è senza dubbio il masterpiece della carriera del cast e del regista e si tenga presente che parliamo di comici del calibro di Boyle, Feldman e Wilder e soprattutto di un regista come Mel Brooks, insomma non gli ultimi arrivati. Per quanto riguarda la versione italiana bisogna dire che il film ha goduto di un ottimo trattamento, ad iniziare dall’adattamento del titolo originale da “Young Frankenstein” a “Frankenstein Junior” con il quale i nostri distributori sono riusciti a non far “danni”, ma soprattutto per quanto riguarda traduzione (e adattamento nel caso di battute e giochi di parole intraducibili) dei dialoghi e il doppiaggio stesso, assolutamente perfetto. A testimonianza del brillante lavoro vorremmo citare la ormai famosissima battuta “Lupo ululà, castello ululì” cha nasce dall’adattamento di un gioco di parole intraducibile tra i vocaboli “werewolf” (lupo mannaro) e “there” (lì), adattamento capace di diventare una battuta cult in Italia almeno pari a quella originale negli Usa: un plauso al colpo di genio del traduttore. Insomma ci tocca dire spesso peste e corna (a ragione) della distribuzione italiana, non può che essere un vero piacere poterne tessere le lodi quando capita. Non vuol essere una frase fatta o un banale luogo comune se vi diciamo che gustando questo film si ha netta la sensazione di una comicità che probabilmente non esiste più, cosa che rende “Frankenstein Junior” ancor più speciale di quanto già non lo sia. Ci fa sorridere, ad esempio, paragonare i vari “Scary Movie”, le moderne parodie, al titolo in questione, impallidirebbero al solo pensiero di confronto. In definitiva, consapevoli di ripeterci ma mai stanchi di ricordarlo, “Frankenstein Junior” è un capolavoro, altro termine non si può usare per una perla immortale del genere comico e parodistico. “Frankenstein Junior” è uno di quei film che tutti conoscono a memoria. Se è vero che l’importanza di un’opera è costituita anche dalla sua sopravvivenza nel tempo, il film di Mel Brooks può guardare a testa alta anche i miti del cinema. Una parodia di un classico divenuta a sua volta un classico. Imperdibile. Se non l’avete mai visto.. cosa fate ancora qui?! E nel caso l’aveste già visto.. rivedetelo, non vi stancherà mai!