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Occhi Senza Volto poster

OCCHI SENZA VOLTO

Les Yeux sans visage

1960 FR
gennaio 11, 1960

In seguito ad un incidente stradale, Christine ha avuto il volto completamente sfigurato. Il padre, che dirige una clinica, è ossessionato dall’idea di trovare una rimedio alla trasfigurazione della figlia.

Registi

Georges Franju

Cast

Pierre Brasseur, Alida Valli, Édith Scob, Juliette Mayniel, Alexandre Rignault, Béatrice Altariba, Charles Blavette, Michel Etcheverry, Claude Brasseur, Yvette Etiévant
Dramma Horror Thriller
HMDB

RECENSIONI (1)

AC

Andrea Costantini

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Parigi. Notte. Una donna alla guida di una 2CV sta trasportando qualcuno sul sedile posteriore. Non è a suo agio, continua a guardare nello specchietto retrovisore, come preoccupata dalle altre auto. Si ferma sulla riva della Senna, prende quello che scopriamo essere un cadavere dal sedile posteriore e lo getta nel fiume. Così come è arrivata, se ne va per la sua strada. Le autorità ritrovano la persona nel fiume l’indomani. Si tratta di una ragazza dal viso sfigurato, tratto distintivo per il riconoscimento del corpo. La ragazza è la figlia di un luminare della medicina, il dottor Gènessier che anni prima era stato il responsabile dell’incidente d’auto che ha causato i danni irreparabili al volto della ragazza. Dopo aver riconosciuto il cadavere della figlia, il medico rientra a casa e comunica alla ragazza dal volto deturpato che vive prigioniera nella sua stanza che forse ora c’è una speranza. Da sempre, nel cinema e nella letteratura (ma soprattutto nella realtà di cui libri e film sono uno specchio metaforico), l’Uomo ha cercato di contrastare l’inevitabile percorso dei fatti. Il destino a volte è benevolo e conduce l’Uomo lungo una vita serena. Altre volte, è crudele e causa delle situazioni che sono irreparabili, irreversibili. L’Uomo Comune non ha mai potuto fare altro che osservare impotente il corso degli eventi e davanti ad una beffa del fato, come la morte, stare in silenzio e soffrire. Ma c’è un tipo di Uomo che non accetta questi scherzi del destino. Quest’uomo davanti alla morte non soccombe ma reagisce. Si tratta dell’Uomo di Scienza. Come il dottor Frankenstein non poteva accettare che un corpo morto rimanesse tale e avrebbe fatto qualunque cosa per provare che le sue teorie erano esatte, anche il dottor Gènessier non riesce a darsi pace. Deve applicare le sue conoscenze per contrastare il destino. Questo incipit fanta-filosofico per introdurre un piccolo gioiello del 1960, “Occhi senza volto”, diretto dal regista francese Georges Franju, che non ha avuto il successo meritato all’epoca in cui è uscito. Di sicuro ha fatto parlare di se. Si tratta di un horror dalle forti tinte drammatiche, precursore di tutto il filone dei “mad doctors” chirurgico. Davanti ad un film come “La pelle che abito” di Pedro Almodovar non si può non tornare nel lontano 1960 e paragonare il vendicativo Banderas all’austero Brasseur. Diverse motivazioni (vendetta contro rimorso/ambizione) ma storia molto simile. In entrambi i casi abbiamo medici disperati che contrastano le forze della natura con la loro conoscenza, con risultati altalenanti ma nel complesso sempre disastrosi. Perché la Natura vince su tutto. I protagonisti di “Occhi senza volto” sono tre e rappresentano tre differenti figure ben precise. La figura del medico è l’ambizione e il tormento che ne deriva dalla mancata realizzazione dei suoi piani. Luminare della chirurgia mette le sue conoscenze a disposizione del volto sfigurato della figlia e per la quale è disposto a fare qualsiasi cosa pur di ridarle un viso. Ma non tanto per la felicità della ragazza, quanto per la brama di raggiungere lo scopo prefissato. La sua assistente, interpretata dalla mitica Alida Valli, rappresenta la devozione assoluta. Il medico in passato le ha restituito un volto e ora lei è disposta a qualsiasi cosa per sdebitarsi. Sebbene gli intenti del medico vadano ben oltre la legge, Louise gli sarà sempre fedele nonché rappresenta la chiave per la realizzazione degli intenti, mettendo a repentaglio la sua stessa vita per la causa del dottore. Terza figura è la tristezza ed è naturalmente rappresentata dalla giovane sfigurata Christiane che passa le sue giornate a piangere con quello che resta del suo volto nascosto nei cuscini del letto oppure coperto da una maschera. Emblematica è la scena in cui , davanti ad un nuovo viso perfetto, la ragazza non riesce a sorridere se non dietro ordine di suo padre. E quando si sbilancia esagerando con il sorriso, l’uomo la ammonisce dicendole “non troppo”, un avvertimento preventivo per il suo viso nuovo ma in realtà è una chiara dichiarazione del dolore che essa prova e proverà per sempre. Un ottimo film che presenta ritmi molto lenti, a volte troppo per lo spettatore moderno, con alcuni passaggi di sceneggiatura poco credibili, ma magistralmente illuminato da una fotografia in bianco e nero che resta impressa. Nonostante si senta la datazione dell’opera, si rimane comunque molto appagati davanti alla scena dell’operazione, anche al giorno d’oggi. E’ talmente ben fatta e azzardata che potrebbe disturbare le anime più delicate. All’epoca il film passò dei guai con la censura, anche a causa di persone che svennero in sala durante la proiezione. Non è un film perfetto come altri suoi compagni del periodo, ma si tratta comunque di un gioiello pessimista e gotico (soprattutto nella scena finale con le colombe bianche, di grande impatto visivo) che ogni amante della Settima Arte dovrebbe poter vedere e conoscere. La maschera bianca che indossa Christiane per celare il suo volto sfigurato è un must del cinema. Tutti sanno che esiste ma pochi sanno da che film proviene.

Trailer