Open Water backdrop
Open Water poster

OPEN WATER

2004 US
August 6, 2004

Two divers are left out at sea without a boat. There’s nothing but water for miles, unless they look at what’s underneath them...

Directors

Chris Kentis

Cast

Blanchard Ryan, Daniel Travis, Saul Stein, Michael E. Williamson, Cristina Zenato, John Charles
Horror Thriller
HMDB

REVIEWS (1)

GG

Giuliano Giacomelli

skull skull skull skull skull
Susan e Daniel sono una coppia felice in vacanza alle Bahamas. Hanno la passione per le escursioni subacquee e il motivo della loro vacanza č quello di scandagliare ed ammirare le bellezze dei fondali di quei mari tropicali. Ma le cose non andranno come previsto e dopo un’escursione, al riemergere dalle acquee, per Susan e Daniel ci sarŕ ad attenderli una sconcertante veritŕ: la barca d’appoggio che li ha portati lě č andata via dimenticandoli in mare aperto. Dopo alcuni momenti di confusione e speranza, per i due sarŕ l’inizio di un atroce incubo quando scopriranno di non essere proprio soli in quelle acque ma in compagnia di un branco di famelici squali che si aggirano proprio sotto di loro. Si chiama talassofobia quella paura morbosa del mare aperto, quel terrore che attanaglia alcune persone al punto tale di spingerle a provare un intenso stato d’ansia nel momento in cui si entra in contatto (anche solo visivo) con la spiaggia; in alcuni casi, a seconda del grado fobico, anche il solo “parlare del mare” potrebbe indurre il soggetto ad un’alterazione del suo stato emotivo. “Open Water”, a modo suo, sembra interessato a voler scandagliare proprio questa fobia e Chris Kentis realizza un piccolo film, dal sapore molto “real-tv”, che con pochissimi elementi riesce ad essere molto piů spaventoso di buona parte dei film horror prodotti e realizzati negli ultimi decenni. Smarrimento, agitazione, angoscia, ma soprattutto ansia…sono questi gli stati d’animo prevalenti a cui lo spettatore viene costantemente e duramente sottoposto durante la visione di “Open Water”, una visione che riesce ad essere dura e sconfortante (per alcuni versi potrebbe essere definita persino “dolorosa”) anche per chi di talassofobia non soffre. I due subacquei abbandonati, Susan e Daniel, potrebbero apparire di primo acchito i protagonisti del film, ma a somme tirate il vero protagonista dell’opera non puň che essere il mare e tutto ciň che sotto di esso si annida e che da vita, di conseguenza, ad una realtŕ ancora poco esplorata dall’uomo, sconosciuta e imprevedibile, in una parola: l’ignoto. Ed č proprio qui che risiede uno dei maggiori punti di forza di “Open Water”, il suo irrefrenabile desiderio di voler giocare con la paura dell’ignoto, o meglio ancora di ciň che č noto ma che non si ha il coraggio di ammettere ad un livello puramente cosciente. Susan e Daniel sono dispersi in mezzo al mare e circondati dal nulla; le uniche forme di vita si aggirano proprio sotto di loro ma comunque lontano dai loro occhi, ad un livello impercettibile se non mediante il tatto. Da esperti subacquei sanno quali forme di vita possono aggirarsi sotto di loro, ma proprio in schiavitů della stessa esperienza sperano anche di non trovare ciň che invece č probabile ci sia. Il tutto, perň, resta comunque riconducibile a quel grande concetto dell’ignoto a cui si accennava poche righe piů su e che raggiunge il massimo della sua espressione nella terrificante sequenza in cui i due dispersi in piena notte, e nel bel mezzo di un temporale estivo, si ritrovano ad essere preda di qualche cosa che si aggira sotto di loro ma che non possono vedere. La forte carica d’inquietudine che fa grande “Open Water” non puň essere tenuta a bada nemmeno dalla premura “č solo un film! č solo un film!” poiché il soggetto di Chris Kentis prende spunto da un reale evento accaduto nel 1998 a due subacquei americani: Eileen e Tom Lonergan. I due furono abbandonati dalla nave d’appoggio durante un’immersione nella grande barriera corallina australiana e i loro corpi, in seguito, non furono piů ritrovati. A distanza di qualche giorno, e nella stessa zona, fu pescato uno squalo e nel suo stomaco fu ritrovata una fotocamera digitale cosě che i due fatti vennero celermente collegati. Chris Kentis, assieme alla moglie Laura Lau, venuto a conoscenza di questa struggente notizia si č messo a lavorare su quello che poi sarŕ il plot di “Open Water” e in esso immagina quale possa essere stata la dinamica della situazione volendo per forza creare un legame capace di collegare la scomparsa dei due sub al ritrovamento della macchinetta fotografica nello stomaco del pesce cane. Per infondere un maggior senso di realismo, Kentis gira il suo film interamente mediante l’uso di videocamere digitali e con uno stile che si impone a metŕ strada tra il film e il documentario (specie nella prima parte) ottenendo cosě un risultato magistrale che collabora indubbiamente alla riuscita del film. Ma Kentis, oltre ad aver dimostrato le sue enormi capacitŕ dietro la macchina da presa (oltre ad essere regista dell’opera č stato anche il solo operatore alla macchina), č riuscito anche nell’impresa di utilizzare nel migliore dei modi il basso budget a disposizione (non piů di 130.000 dollari) evitando che qualunque limite riconducibile alla “povertŕ” economica potesse gravare sul risultato finale. Ecco dunque che la troupe di “Open Water” č stata interamente ridotta all’essenziale (non piů di una manciata di persone, inclusi i due attori) e gran parte del budget č stato investito nel finanziamento degli esperti di squali addetti alla sicurezza, costantemente presenti sul “set” al fine di garantire l’incolumitŕ dei due protagonisti circondati realmente da un branco di squali veri…ma addomesticati. Ottime anche la performance offerte dai due attori protagonisti, Blanchard Ryan e Daniel Travis, all’altezza di calarsi con convinzione nei panni dei due sventurati sub abbandonati tra le onde dell’oceano e capaci di recitare per ore intere fra un branco di squali e con indosso una tuta di ferro protettiva sotto la muta. In definitiva “Open Water” rappresenta sicuramente una delle pellicole piů interessanti e fresche tra tutte quelle approdate sui nostri schermi dall’inizio del nuovo millennio sino ad oggi. Un film che, pur non essendo un vero e proprio horror, riesce a mettere a dura prova i nervi dello spettatore e a far paura. Forse non accontenterŕ tutti i palati a causa del suo stile semi-documentaristico e dell’estetica (volutamente) rozza, ma sicuramente non lascerŕ indifferenti. Curiositŕ: Nel 2006, per la regia di Hans Horn, viene realizzato e distribuito un finto sequel dal titolo “Alla Deriva” (titolo di lavorazione “Open Water 2”). Seppur la situazione rimane la medesima (con qualche piccola variante) i contatti con il film di Chris Kentis sono pressoché nulli. Anche al solo livello qualitativo tra i due film c’č un abisso.

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