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LA PLANÈTE DES VAMPIRES

Terrore nello spazio

1965 IT
septembre 15, 1965

Les vaisseaux spatiaux Argos et Galliot s’approchent d’une planète inconnue dont provient un mystérieux signal. Soudain, l’Argos est pris dans une force d’attraction magnétique faisant perdre connaissance à tous les membres de l’équipage, à l’exception du commandant Mark qui parvient à effectuer les manœuvres nécessaires à l’atterrissage. Après que le vaisseau a touché le sol, Mark a cependant la surprise de voir ses compagnons saisis par une rage homicide, dont ils n’ont plus aucun souvenir une fois qu’ils sont revenus à leurs esprits. L’atmosphère extérieure s’avérant respirable, les astronautes se mettent en route pour rejoindre le Galliot qui s’est posé non loin, mais en arrivant, ils constatent que tous les membres de l’équipage se sont entretués. Les deux vaisseaux étant hors d’usage, les survivants se retrouvent donc coincés sur cette étrange planète, désormais convaincus qu’il s’y tapit une force invisible vouée à les mener à leur perte…

Réalisateurs

Mario Bava

Distribution

Barry Sullivan, Norma Bengell, Ángel Aranda, Evi Marandi, Stelio Candelli, Franco Andrei, Fernando Villena, Mario Morales, Ivan Rassimov, Federico Boido
Aventure Horreur Science-Fiction
HMDB

CRITIQUES (1)

FC

Francesco Chello

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Le astronavi Argos e Galiot captano un segnale di vita intelligente da un pianeta sconosciuto e vi atterrano per verificarne la provenienza. Una volta sul luogo, una forza misteriosa spinge i membri dell’equipaggio a combattersi l’uno contro l’altro, mentre i cadaveri dei compagni caduti svaniscono nel nulla. I superstiti dovranno cercare di svelare il mistero e tentare di ripartire il prima possibile. Il cinema di fantascienza in Italia, è risaputo, non ha quella che si potrebbe definire una grandissima tradizione. Sono pochi, poi, i titoli nostrani di questo genere ad aver meritato il titolo di cult. Uno dei questi è senza ombra di dubbio “Terrore nello Spazio”, un piccolo tesoro da riscoprire – e non a caso il film è stato inserito, e presentato in una bella edizione restaurata, nella rassegna “Storia segreta del Cinema Italiano” alla mostra del Cinema di Venezia 2005, a cui è seguita la sua distribuzione in dvd. La pellicola in questione è pure l’unica incursione nel mondo dello sci-fi dell’indimenticato maestro Mario Bava che si rivela maestro una volta di più lasciando al primo e solo tentativo un segno indelebile anche in questo filone, un Re Mida del cinema di genere capace di trasformare in oro tutto quello che ha toccato. Oltre che, come di consueto per quasi tutti i titoli di Bava, aver lasciato alle generazioni successive un’importante eredità sia in quanto a tecnica cinematografica, capace d’influenzare gran parte dei suoi successori, che per quanto riguarda il film stesso, vera e propria fonte d’ispirazione – e di plagio, in alcuni casi! - di tantissimi titoli negli anni a venire; basti pensare al mitico “Alien” – sebbene sia Ridley Scott, il regista, che Dan O’Bannon, lo sceneggiatore, abbiano sempre dichiarato di non aver visto, al tempo, il film di Bava (vanno creduti?) – fino ad arrivare ai più recenti “Pitch Black”, di David Twohy, e, soprattutto, “Fantasmi da Marte”, di John Carpenter, il maestro di genere della generazione seguente a quella di Bava. Il punto di forza di “Terrore nello spazio” è la suggestiva atmosfera che avvolge la pellicola dall’inizio alla fine, mista alla tensione in crescita costante dovuta al mistero e relativo pericolo a cui vanno incontro i malcapitati astronauti. A questo mix vincente, quindi, contribuiscono una semplice ma efficace sceneggiatura, le notevoli trovate registiche, suggestive scenografie e ambientazioni, costumi ed effetti speciali, adeguate musiche ed effetti sonori. Lo script, a cui misero mano lo stesso Bava, lo scrittore Alberto Bevilacqua, il critico Callisto Cosulich e gli sceneggiatori/registi spagnoli Antonio Romàn e Rafael J. Salvia, è tratto da un racconto di Renato Pestriniero dal titolo “Una Notte di 21 Ore”, pubblicato a suo tempo su “Interplanet”. L’idea di base è brillante, sebbene moderatamente influenzata da titoli celebri come “La Cosa da un Altro Mondo”. Come nella sua intera filmografia, Bava fa di necessità virtù. Mezzi più che risicati gli forniscono una nuova occasione per mettere in mostra il suo straordinario talento visivo, la sua eccezionale inventiva. Il film, che definire low budget sarebbe riduttivo, diventa nelle sue mani un grande titolo della fantascienza tutta. E così due grandi rocce di plastica prese in prestito da un altro set a Cinecittà e spostate di inquadratura in inquadratura diventano lo scenario di un pianeta misterioso, minaccioso ed inospitale. Il tutto grazie ad un sapiente gioco di inquadrature, immagini riflesse, un “magico” montaggio, illusori mascherini, un intelligente fumo continuo ed una fotografia dai colori molto intensi. Lo stile di Bava caratterizzato da carrellate lente, piani sequenza e zoomate rapidissime ha fatto scuola. Gli interni dell’astronave vengono realizzati in un teatro di posa, la plancia di comando stracolma di lucine colorate di cui s’ignorano le funzioni dona quel non so che di “sofisticato” e futuristico all’apparecchio, come del resto delle semplici tute da sommozzatore leggermente modificate e dei caschi da motociclista diventano abilmente le pittoresche uniformi degli astronauti, fasci di luce fungeranno da laser dei fucili. L’utilizzo delle miniature, sia per il pianeta che per gli esterni dell’astronave, completa il quadro. Alcune trovate sono innovative e memorabili, come non citare la splendida ed inquietante scena della resurrezione di semplice realizzazione – una botola in metallo, del cellophan ed un intelligente rallenti – ma dal forte impatto visivo nel rappresentare una sorta di seconda nascita per i posseduti, oppure il ritrovamento dell’astronave aliena con tanto di presenza di enormi scheletri di misteriosi umanoidi. Trucco ed effetti speciali - curati soprattutto dallo stesso Bava con cui collaborò, in qualità di model maker, anche Carlo Rambaldi, sono di ottimo livello, le ferite sui volti ed i corpi dei “resuscitati” sono ben realizzate. Bava, è noto, aveva una grande passione per la realizzazione degli effetti speciali, il regista aveva appreso molto dal padre Eugenio, direttore della fotografia, scenografo e scultore agli albori del cinema italiano; la manipolazione delle immagini, inoltre, caratterizzò il Maestro fin dagli esordi quando ebbe una significativa esperienza, durante la 2^ Guerra Mondiale, presso l’istituto Luce dove manipolava filmati di propaganda creando finte vittorie dell’esercito italiano. “Terrore nello Spazio” segna anche la nascita della terza generazione cinematografica dei Bava: fa il suo esordio, come assistente al regista, il figlio di Mario, Lamberto. Peccato che nella sua carriera non solo Lamberto Bava non sarà all’altezza del talento paterno ma realizzerà, per la maggior parte, titoli scadenti ed insignificanti. Il cast internazionale compie bene il suo dovere. Nei panni del protagonista troviamo l’americano Brad Sullivan, piuttosto convincente nel ruolo di capitano della nave spaziale; il suo personaggio è l’unico ad avere un minimo di caratterizzazione, gli altri appaiono piuttosto schematici ma comunque funzionali alla vicenda. Al suo fianco la brasiliana Norma Bengell (“Io Non Perdono..Uccido”), l’italiana Evi Marandi (“Tototruffa ‘62”) e lo spagnolo Ángel Aranda (“Il Giustiziere Sfida la Polizia”). Molto singolare la fase produttiva, durante le riprese ogni interprete recitava le sue battute nella propria lingua nativa, spesso capendo a malapena – o, talvolta, proprio per niente – quelle degli altri attori. Tutto in funzione di una release internazionale, il film fu distribuito, doppiato in inglese, anche negli Usa con il titolo “Planet of the Vampires” per poi diventare, nella versione televisiva, “The Demon Planet”. Degno di nota il finale dalla forte connotazione negativa così come il “colpo di scena” relativo al cambio di destinazione dell’astronave, la frase di chiusura pronunciata dal protagonista è di quelle da ricordare. Mario Bava ha reso questo film imperdibile per gli appassionati del fantahorror e non, e siamo certi che chi studia o s’interessa di tecnica cinematografica, magari pur non apprezzando il filone, non potrà esimersi dal concedergli una visione e tesserne le lodi. Pellicola povera di mezzi ma pregna di talento, di un fascino difficilmente scalfibile. Una rappresentazione della fantascienza visivamente poderosa, un cult simbolo dei giorni di gloria che furono - e che, ahimè, non tornarono – del nostro cinema di genere.

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