Tears of Kali backdrop
Tears of Kali poster

TEARS OF KALI

2004 DE
mars 26, 2004

Dans les années 80, en Inde, la secte Taylor-Eriksson explore toutes sortes de techniques dans le but de redéfinir les limites du sexe et de la violence. De vilaines rumeurs se répandent suite à la disparition du groupe et de son mentor, Lars-Eriksson. Quelques années après, trois anciens adeptes ont toujours une dévotion sans limites à la déesse Kali. Devenus thérapeutes, leurs patients seront les victimes de leurs méthodes barbares.

Réalisateurs

Andreas Marschall

Distribution

Pietro Martellanza, Anja Gebel, Magdalena Ritter, Ludwig Nicole, Maunsell Gabriel, Chole Micky, Vroni Kiefer, Anja Gebel, Simon Mayer, Alexander Matakas
Fantasy Horror Fantascienza
HMDB

CRITIQUES (1)

RG

Roberto Giacomelli

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Tre storie che hanno come comune denominatore la setta psico-religiosa Taylor-Errickson. “Shakti”. Una giornalista, intenzionata a scrivere un dossier sull’omicidio di un adepto alla setta Taylor-Errickson avvenuto nel 1988, si reca nell’ospedale psichiatrico in cui è rinchiusa colei che è stata ritenuta responsabile dell’omicidio; ma la donna racconta di essere innocente e che il vero autore dell’assassinio è stato uno spirito maligno. “Devi”. Un ragazzo, costretto alla consultazione di uno psichiatra a causa di problemi con la gestione dell’ira, si trova in cura da un dottore che applica metodi alquanto discutibili. “Kalì”. Un noto guaritore si trova a curare una donna da un doloroso irrigidimento della spina dorsale, ma rimettendo a posto la schiena della sua paziente libera uno spirito parassita che si era insediato nel corpo della donna. “Lacrime di Kalì” è un piccolo film tedesco del 2003, girato con pochi mezzi ma con grande maestria; le tre storie che lo compongono sono un concentrato di sadismo e crudeltà, decisamente poco adatte agli stomaci deboli. La pellicola ha chiare intenzioni di critica verso le numerose sette pseudo religiose che sono proliferate tra gli anni ’70 e ’80 in mezzo mondo e alla loro resurrezione concettuale nella seconda metà degli anni ’90 attraverso la moda orientale del new age; in questo caso vediamo assurgere il ruolo di protagonista ad una setta indiana ( ma fondata da occidentali ) che ha come punto focale il raggiungimento di un’estasi mistica che mette in comunicazione spirito e corpo, ma lo fa con mezzi spesso tanto drastici che crudeli e autolesionisti. Vedremo dunque una ragazza che si taglia le palpebre degli occhi per poter “Vedere”, un tizio che esce letteralmente dalla sua pelle e via dicendo, in un turbine di sangue e pazzia. Le tre storie sono molto varie: la prima ha un impianto narrativo e alcune soluzioni visive che ricordano da vicino i moderni horror orientali, con tanto di scena al cardiopalma ambientata in un ascensore; la seconda storia è quella narrativamente meno articolata, ma probabilmente la più impressionante; la terza è la più classica, diciamo quasi alla “Creepshow”, con demone invisibile, morti viventi e qualche strizzatina d’occhio all’ “Evil dead” di Raimi. Diverse e gustose sono anche le citazioni dal cinema di genere italiano, con chiari rimandi ai più noti film di Fulci ( gli occhi che grondano sangue e la scheggia di legno nell’occhio, rispettivamente provenienti da “Paura nella città dei morti viventi” e “Zombi 2” ) e una citazione esplicita anche allo spaghetti western ( si parla di “Keoma” ). “Lacrime di Kalì” è dunque un maturo esempio di horror low budget che celebra la tradizione dei film a episodi, trattando la materia a disposizione in modo crudo e raccapricciante. Vale sicuramente la pena di dargli un’occhiata.